Contenzioso

Sgravi in agricoltura, incostituzionale l’esclusione della ripetizione contributiva

di Silvano Imbriaci

A seguito di una disposizione normativa che definisce, anche per il passato, i presupposti per l'accesso a sgravi contribuitivi (in questo caso riguardanti zone agricole svantaggiate di montagna), è costituzionalmente illegittima l'esclusione della restituzione di contribuzione già versata prima della sua entrata in vigore.
È questo, sinteticamente, il principio espresso dalla Corte costituzionale 15 marzo 2019, n. 49, in una pronuncia che, pur riguardando una specifica normativa in materia di sgravi contributivi, tendenzialmente può essere adottato in fattispecie analoghe, laddove l'accesso a sgravi o benefici contributivi sia consentito anche per situazioni pregresse a seguito di una norma sopravvenuta.
Nel caso di specie l'articolo 32, comma 7 ter del Dl 69/2013 (conv. in legge n. 98/2013) aveva fornito un'interpretazione autentica dell'articolo 9, comma 5, della legge n. 67/1988 (in materia di sgravi contributivi per le zone montane) e quindi aveva riconosciuto il pagamento della contribuzione in misura ridotta anche a favore delle cooperative e dei consorzi che non operano in zone svantaggiate e di montagna, sia pure in misura proporzionale alla quantità di prodotto coltivato o allevato dai propri soci, anche avvalendosi di contratti agrari di natura associativa. La disciplina interpretativa aveva però espressamente escluso la ripetizione di eventuali versamenti contributivi effettuati prima della sua entrata in vigore (21 agosto 2013).
A fronte, dunque, del pagamento della contribuzione in misura piena, il contribuente si duole del fatto che gli enti previdenziali, in virtù di detta normativa, abbiano negato la restituzione delle somme versate, trattandosi di situazione analoga a quella oggetto della norma interpretativa, ma relativa ad un'obbligazione contributiva ormai estinta per pagamento. Da un punto di vista costituzionale, il contrasto più evidente è con il principio di eguaglianza, trattandosi in modo differenziato la posizione di chi aveva pagato i contributi non dovuti (a cui era negata la restituzione) e la posizione di chi invece non lo aveva fatto, confidando in un intervento normativo chiarificatore, come poi in effetti è avvenuto. Oltretutto, sempre secondo la prospettazione delle questioni, con una simile interpretazione vi sarebbe un irragionevole contrasto logico tra la qualificazione normativa di un contributo come non dovuto e l'impossibilità, nello stesso tempo, di ottenerne la restituzione da parte di chi, diligentemente, si è attivato per effettuare il pagamento.
A sostegno della legittimità della norma, occorre comunque rilevare che in astratto non è impedito al legislatore porre un limite alla restituzione dei contributi, pur se illegittimamente versati; infatti tale scelta discrezionale, in questo senso, risponde ad esigenze chiarissime di risparmio di spesa, al fine di evitare che gli enti si trovino a dover corrispondere ingenti somme di denaro senza la previsione di forme di copertura finanziaria, con la necessità di chiedere l'aumento delle tariffe e dei contributi anche alle altre aziende non solo del territorio, in funzione di equilibrio di sistema.
Nulla toglie, dunque, anche per la generale necessità di interpretare in modo restrittivo la normativa in materia di sgravi, che il legislatore abbia voluto chiarire l'ambito applicativo della norma solo per il futuro, quasi attivando un'estensione della platea dei beneficiari più che un'interpretazione autentica della norma.
La Corte, nel fornire la soluzione alla questione, sgombera ogni dubbio circa la natura interpretativa della disposizione censurata, in virtù dell'espressa qualificazione di legge e delle finalità intrinseche che si propone: il superamento di un'interpretazione restrittiva adottata dall'Inps in margine all'individuazione degli aventi diritto allo sgravio.
Come accade di fronte ad ogni altra disposizione autenticamente interpretativa, occorre porsi il problema dell'impatto sulle situazioni pendenti: qui il legislatore ha individuato una soluzione estrema, ossia l'apposizione di un limite netto all'efficacia retroattiva della norma, escludendo dalla ripetibilità, di fatto, tutti i versamenti contributivi anteriori all'entrata in vigore. Tale interpretazione, secondo la Corte, contrasta in modo evidente con l'articolo 3 della Costituzione.
La Corte non vuol dire che il legislatore non possa modulare gli effetti di un regime contributivo più favorevole, ma risulta irragionevole adottare una norma di interpretazione autentica che qualifichi un importo come non dovuto fin dall'origine e nello stesso tempo lasci questa statuizione priva di alcun effetto impedendo a chi lo ha versato la sua ripetizione.
Si tratta di principi che si attagliano non solo ai versamenti contributivi, ma anche a tutte le prestazioni patrimoniali dovute per legge: impedire la ripetizione della contribuzione versata in assenza dei requisiti per il conseguimento dello sgravio non trova giustificazioni nella particolarità dell'obbligazione contributiva e finisce per punire in modo irragionevole il contribuente più diligente.

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