Infortuni, il testo unico e le direttive Ue sotto la lente della Cassazione
Secondo la Corte di cassazione (sentenza 22280/2014) la direttiva CEE 89/391 all'art. 5 (Sezione II – Obblighi dei datori di lavoro) non stabilisce alcun obbligo specifico a carico del datore di lavoro con riguardo all'ipotesi di una dipendente che, durante le incombenze di ufficio, sia caduta, scivolando su una matita posta per terra, riportando lesioni permanenti, trattandosi tale evento conseguenza di un rischio non diverso da quello che incombe su ogni altro soggetto che si sposti a piedi per ragioni anche non lavorative. Tale norma, infatti, prevedendo, da un lato, che il datore di lavoro è obbligato a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro, non esclude, dall'altro lato, la facoltà degli Stati membri di prevedere l'esclusione o la diminuzione della responsabilità dei datori di lavoro per fatti dovuti a circostanze a loro estranee, eccezionali o imprevedibili o a eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state, comunque, inevitabili malgrado la diligenza osservata.
Peraltro, come sottolineato dalla Suprema Corte nell'ordinamento giuridico italiano esiste già la norma generale di cui all'art. 2087 (“L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”), cosicché la direttiva CEE 89/391, su menzionata, non assume quel carattere di specificità per individuarsi una inadempienza dello Stato italiano a causa della mancata trasposizione nel diritto nazionale (cfr. tra le altre Cass. 12 luglio 2013 n. 17261).
Giova, sul punto, segnalare che, in tema di tutela delle condizioni di lavoro e della relativa responsabilità, l'obbligo di cui all'art. 2087, sopra menzionato, seppure ampio, non può ritenersi onnicomprensivo di qualsiasi evento verificatosi ai danni del lavoratore. Infatti, secondo l'indirizzo giurisprudenziale consolidato da tale norma non può desumersi la prescrizione di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare qualsiasi danno, con la conseguenza di ritenere automatica la responsabilità del datore di lavoro ogni volta che il danno si sia verificato, occorrendo, invece, che l'evento sia riferibile a sua colpa, per violazione di obblighi di comportamento imposti da fonti legali e suggeriti dalla tecnica, ma concretamente individuati (cfr. Cass. Civ., sez. lav. , 2.6.1998 n. 5409). Da un punto di vista probatorio, va sottolineato che incombe al lavoratore, che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa, un danno alla salute, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso di causalità tra l'uno e l'altro, senza che sia necessaria l'indicazione delle norme antinfortunistiche violate; grava, invece, sul datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie dirette ad impedire il verificarsi dell'evento (cfr. Cass. , sez. lav. 30 luglio 2004, n. 14663).
La sentenza in commento, dunque, seppure indirettamente, rilevando che la questione avrebbe dovuto essere trattata in un precedente giudizio già definito con sentenza passata in giudicato, argomenta a favore di una conformità del sistema dell'assicurazione infortuni sul lavoro italiano, individuabile nel D.P.R. 1124/1965, rispetto alla direttiva comunitaria 89/391 del 12 giugno 1989, in quanto, come sopra esposto, la norma europea, ai fini dell'obbligo dello Stato membro di darne attuazione, deve avere quel requisito di specificità, che nel caso di specie è mancante.
Quindi, affinché si realizzi l'occasione di lavoro, è necessario che l'evento lesivo, occorso al lavoratore sia dipendente: a) da un rischio specifico vero e proprio, cioè direttamente collegato all'esercizio dell'attività lavorativa; b) da un rischio specifico improprio o generico aggravato, cioè riguardante situazioni ed attività che, essendo imposte al lavoratore in ragione di esigenze aziendali, assumono nei confronti del lavoratore medesimo carattere di particolare pericolosità. Diversamente, non si realizza l'occasione di lavoro nell'ipotesi del rischio generico (rischio non diverso da quello che incombe su ogni altro soggetto della società civile) e del rischio elettivo, relativamente al quale la Corte di Cassazione ha già escluso l'indennizzabilità dell'infortunio occorso ad una impiegata che, spostandosi dal monitor del computer ad un armadio, per prelevare un fascicolo, senza alzarsi dalla sedia a rotelle, utilizzata nella postazione ed utilizzando la possibilità di movimento offerta dalla stessa, era caduta in terra ferendosi (cfr. Cass. Civ., sez. av., 8.3.2001, n. 3363).