Solo il datore può scegliere le sanzioni disciplinari
La Corte di cassazione 11 febbraio 2019, n. 3896 è tornata a ribadire un principio fondamentale in materia di sanzioni disciplinari: il potere di infliggerle spetta esclusivamente al datore di lavoro, che è anche l'unico che può proporzionarne l'entità alla gravità dell'illecito accertato. Si rientra, infatti, all'interno del più ampio potere di organizzazione dell'impresa, che è espressione della libertà di iniziativa economica garantita dall'articolo 41 della Costituzione.
Per tale ragione, secondo la Cassazione, il giudice, quando viene chiamato a decidere della legittimità di una data sanzione, non può "appropriarsi" dei predetti poteri del datore di lavoro e, quindi, non può neanche rideterminare la misura di un provvedimento che ritiene sproporzionato.
Richiamando la precedente sentenza n. 8910/2007, la Corte ha tuttavia precisato che tale principio generale conosce due eccezioni, che sono le uniche che possono configurarsi.
La prima si manifesta allorquando il datore di lavoro, nell'applicare la sanzione, ha superato il massimo edittale. In tal caso, il giudice è legittimato a ricondurre la sanzione stessa entro tale limite.
La seconda eccezione, invece, si ha quando è il datore di lavoro che, nell'ambito del giudizio di annullamento di una sanzione disciplinare, si costituisce e ne chiede la riduzione. In tal caso il giudice è pienamente legittimato a ridurre la sanzione dalla circostanza che, così facendo, non scalfisce l'autonomia dell'imprenditore ma si adegua a un nuovo giudizio valutativo che lo stesso imprenditore ha fatto con riferimento alla medesima sanzione.
Nel caso deciso dalla sentenza in commento, però, non si rientrava in nessuna di tali due ipotesi eccezionali, in quanto al giudice era stato chiesto, in maniera generica e senza alternative, di procedere a una valutazione della congruità della sanzione applicata dal datore di lavoro ai lavoratori rispetto ai fatti da questi commessi, anche proponendone una differente.
In tal modo era stato quindi sollecitato l'esercizio del potere disciplinare che è prerogativa esclusiva del datore di lavoro e il cui esercizio è invece precluso al giudice.