Rapporto di lavoro tra moglie e marito separati
Prima della riforma del diritto di famiglia (legge 151/1975) la prestazione lavorativa del familiare resa nell’ambito dell’impresa, in omaggio al principio della prestazione resa affectionis vel benevolentiae causa, si presumeva gratuita salvo la rigorosa prova contraria. L’articolo 230-bis del codice civile introdotto dalla riforma, pur sancendo il principio della onerosità delle prestazioni lavorative rese in ambito familiare, non ha sostanzialmente inciso sulla presunzione di gratuità cui continua ad ispirarsi la giurisprudenza maggioritaria. La casistica rappresentata dal gentile lettore, tuttavia, fa riferimento alla diversa fattispecie di coniugi separati legalmente e non conviventi (“con dimore diverse”). In tal caso la richiamata presunzione è superata dall’altra presunzione di normale onerosità del rapporto (ad es. Cass. 3287/1986). E’ bene tuttavia precisare che, come chiarito da Cass 13789/2012, la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in capo al familiare, una volta accertato il difetto di convivenza degli interessati, non opera automaticamente “cosicché, in caso di contestazione, la parte che faccia valere diritti derivanti da tale rapporto ha comunque l'obbligo di dimostrarne, con prova precisa e rigorosa, tutti gli elementi costitutivi e, in particolare, i requisiti indefettibili della onerosità e della subordinazione”. Pertanto l’ex marito può essere dipendente della ex moglie titolare della azienda, se , oltre al requisito della non convivenza, si è in presenza di un genuino rapporto di lavoro subordinato.