Contenzioso

No all’accesso alle dichiarazioni rilasciate agli ispettori anche se il richiedente è un lavoratore

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di Carmine Santoro


Il Consiglio di Stato, con la sentenza 10 febbraio 2015, n. 714, ha stabilito che un lavoratore non può accedere alle dichiarazioni che altri lavoratori hanno rilasciato agli ispettori del lavoro.


Il fatto
Una Direzione territoriale del lavoro negava l’accesso alle deposizioni dei dipendenti escussi dagli ispettori del lavoro, affermando che in proposito trovava applicazione l’articolo 2, comma c) del Dm. 757/94, che tutela la riservatezza dei lavoratori.
Il richiedente era un lavoratore che, avendo instaurato un contenzioso con il proprio ex datore di lavoro – poi ispezionato dalla Dtl –, reclamava la necessità di conoscere le dichiarazioni dei colleghi, al fine di poter curare i propri interessi in tale sede contenziosa.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, affermando che l’accesso ai documenti amministrativi costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di garantire l'imparzialità e la trasparenza; inoltre il giudice richiamava l’articolo 24, comma 7, della legge 241/90, il quale stabilisce che comunque deve essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare e difendere i propri interessi giuridici.
La Dtl proponeva appello, evidenziando che nella più recente giurisprudenza si è riconosciuta al lavoratore una tutela privilegiata alla riservatezza, essendo vietato al datore di lavoro di effettuare indagini sulle opinioni dei lavoratori e su fatti non rilevanti ai fini della valutazione professionale. La difesa erariale evidenziava che il diniego di accesso si giustifica per il fatto di garantire ai dichiaranti la collaborazione con le autorità senza essere esposti a ritorsioni nell'ambiente di lavoro; tuttavia, nel caso di specie, il diritto di difesa ritenuto recessivo rispetto alla tutela della riservatezza non riguarda il datore di lavoro, bensì un altro lavoratore della cui “debolezza” bisogna ugualmente tenere conto. Secondo il Ministero, nascondere i nomi dei dichiaranti non impedisce la loro identificazione, essendo comunque agevole risalire, in una ristretta sfera di persone sentite, a quelle che hanno dichiarato.


La sentenza
Il Consiglio di Stato accoglie le tesi del ministero del lavoro. Secondo i giudici, il diritto di difesa, per quanto privilegiato in ragione della previsione di cui all’articolo 24, comma 7, della legge 241/90, deve essere contemperato con la tutela di altri diritti tra cui quello alla riservatezza anche dei lavoratori che hanno reso dichiarazioni in sede ispettiva (articolo 2, comma 1, lett. c) Dm 4 novembre 1994 n. 757). In tal modo, si devono prevenire eventuali ritorsioni o indebite pressioni da parte dei datori di lavoro e per preservare, dunque, anche l'interesse generale ad un compiuto controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro.
Il Consesso rammenta che la recente giurisprudenza ha ritenuto, in via generale, prevalente la tutela alla necessità di riservatezza delle suddette dichiarazioni, la cui divulgazione potrebbe comportare azioni discriminatorie o indebite pressioni nei confronti dei lavoratori, ai quali deve essere assicurato di collaborare con le autorità amministrative e giudiziarie, nonché di presentare esposti e denunce, senza temere negative conseguenze nell'ambiente di lavoro in cui vivono.
Tale tutela appare ai giudici fondativa dell’intero sistema dei diritti fondamentali, ove la riservatezza riguardi coloro che risulterebbero ragionevolmente i più deboli nell'ambito del rapporto di lavoro. D'altra parte, il Consiglio ritiene che, anche in assenza dell'accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori, la tutela degli interessi giuridici vantati dai richiedenti risulta comunque pienamente garantita dall'ordinamento.
Il passaggio più rilevante della pronuncia è in ciò, che il Collegio ritiene la questione analoga, quando il diritto di difesa riguarda un altro lavoratore, a sua volta in una posizione di debolezza rispetto al datore di lavoro. Anche in tal caso, ragionano i giudici, la compiuta conoscenza dei fatti e delle allegazioni risulta, di norma, assicurata dal contenuto del verbale di accertamento relativo alle dichiarazioni dei lavoratori e che, comunque, vi è la possibilità di ottenere accertamenti istruttori in sede giudiziaria. Secondo il Consiglio, ciò dimostra come la documentazione a cui si richiede di accedere non risulti indispensabile per curare o difendere i propri interessi giuridici. I giudici ricordano anche che il lavoratore richiedente l’accesso può chiamare a deporre in altra sede giudiziale i colleghi che abbiano rilasciato dichiarazioni in sede ispettiva.

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