Pagamento al legale della parte vittoriosa in giudizio e obbligo di ritenuta
L'agenzia delle Entrate si è pronunciata con la risoluzione 15 marzo 2019, n. 35/E su un caso di notevole interesse pratico, riguardante l'applicabilità delle ritenute in caso di pagamento dei compensi al legale della controparte vittoriosa in giudizio.
Più precisamente, il chiarimento in esame trae origine da una consulenza giuridica posta dall'agenzia delle Entrate-Riscossione alla consorella agenzia delle Entrate, con la quale è stato chiesto di conoscere se quanto corrisposto al legale non distrattario, ma che comunque richieda di incassare le somme liquidate in sentenza alla controparte vittoriosa, in forza di un mandato all'incasso, rilasciato allo stesso dalla medesima controparte nella forma della delega all'incasso, sia da assoggettare a ritenuta d'acconto Irpef, ai sensi dell'art. 25 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, il quale prevede che i sostituti d'imposta indicati nel primo comma dell'art. 23, che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente, ovvero siano rese a terzi o nell'interesse di terzi o per l'assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere devono operare all'atto del pagamento una ritenuta del 20% a titolo di acconto dell'Irpef dovuta dai percipienti, con l'obbligo di rivalsa.
La distrazione delle spese legali
Nel momento in cui il giudice, con la sentenza che chiude la causa, decide sulla condanna alle "spese processuali" – condanna che quasi sempre avviene nei confronti della parte che perde il giudizio (cosiddetta "parte soccombente") – può optare tra due soluzioni: imporre a tale soggetto di versare detti importi all'avversario (ossia alla "parte vincitrice") oppure direttamente al suo avvocato. È quest'ultima la cosiddetta distrazione delle spese processuali (o spese legali), nei sensi previsti dall'art. 93 del Codice di procedura civile.
Il giudice decide per la distrazione alle spese legali quando a chiederglielo è lo stesso avvocato il quale, evidentemente, non avendo ricevuto il pagamento della parcella dal proprio cliente all'inizio della causa, in questo modo intende recuperare l'onorario dall'avversario.
Per effetto della pronuncia di accoglimento dell'istanza di distrazione, il difensore diviene creditore diretto della controparte soccombente. Il suo diritto di credito è autonomo rispetto a quello preesistente nei confronti del proprio cliente, al quale si aggiunge. La pronuncia costituisce titolo esecutivo.
Soluzioni interpretative precedenti
Premesso che ad avviso dell'istante nel caso di specie non deve essere operata la ritenuta d'acconto su quanto corrisposto a titolo di spese legali, al difensore non distrattario, munito di delega all'incasso, la risposta di cui al documento interpretativo in esame si pone in linea con l'orientamento formatosi in giurisprudenza (Cass., Sez. Un., 25 ottobre 1996, n. 9332; 17 luglio 2008, n. 19594; 19 settembre 2014, n. 19739) e nella prassi (Risoluzione 14 giugno 1976, n. 8/021; Circolare 6 dicembre 1994, n. 203; Risoluzione 13 ottobre 2010, n. 106/E).
Infatti, fin dalla datata sentenza n. 9332/1996, la giurisprudenza di legittimità (v., successivamente, Cass. n. 19594/2008 e n. 19739/2014 sopra citate) il quale ha stabilito che l'art. 25 del Dpr n. 600/1973 impone a tutti i soggetti indicati nell'art. 23 dello stesso decreto di operare, in ogni caso, la ritenuta d'acconto sulle somme da loro pagate a titolo di compenso per prestazioni di lavoro autonomo. Nessuna eccezione è prevista quando l'ente che procede al pagamento in favore del lavoratore autonomo non è un diretto debitore del lavoratore stesso, e versa la somma in quanto - a sua volta - debitore del debitore; così come accade quando il credito del lavoratore viene soddisfatto, a seguito ad ordinanza di assegnazione, da un ente terzo debitore. A maggior ragione, sono soggette alla ritenuta d'acconto per l'Irpef ex art. 25 del Dpr n. 600/1973, le somme pagate dalla parte soccombente al difensore distrattario della parte vittoriosa (Cass. 22 giugno 1982, n. 3777).
La Risoluzione n. 106/E/2010 ha chiarito che le somme liquidate a titolo di rifusione delle spese di giudizio (comprensive degli onorari professionali) all'avvocato che ha agito in base all'art. 86 del Codice di procedura civile (avvocato-parte vittoriosa che si sia avvalso della facoltà di difendersi personalmente), mantengono la stessa qualificazione e lo stesso trattamento fiscale propri delle somme corrisposte normalmente dalla parte soccombente direttamente all'avvocato della parte vittoriosa che ha ottenuto dal giudice la distrazione delle spese processuali a suo diretto favore. La parte soccombente che paga i suddetti compensi professionali, nella sua qualità di sostituto d'imposta, deve applicare la ritenuta a titolo d'acconto del 20%, ai sensi dell'art. 25 del Dpr 600 del 1973.
Il parere dell’agenzia delle Entrate
Rendendo la propria soluzione, l'agenzia delle Entrate ritiene nella Risoluzione n. 35/E/2019 che, nella fattispecie rappresentata, quanto liquidato direttamente al legale per la parte relativa alle spese legali di sua spettanza è da assoggettare a ritenuta ai sensi dell'art. 25 del Dpr n. 600/1973.
A tal fine, nel documento di prassi in disamina si evidenzia che la ritenuta d'acconto ex art. 25 del Dpr n. 600/1973 attua l'anticipata riscossione dell'imposta dovuta dalla persona fisica che riceve il pagamento laddove, tra l'altro, il compenso percepito abbia natura di reddito di lavoro autonomo di cui all'art. 54, comma 1, del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917. Per l'applicazione della ritenuta, il sostituto deve, quindi, verificare se il pagamento che il percettore del reddito riceve sia o non sia da imputare a tale categoria di reddito, atteso che i redditi di lavoro autonomo abituale sono costituiti dalla differenza tra i compensi percepiti nel periodo d'imposta e le spese inerenti all'esercizio dell'arte o professione effettivamente sostenute nel periodo stesso, senza prevedere un collegamento tra compenso e spesa sostenuta per conseguirlo, contrariamente a quanto accade per i redditi di lavoro autonomo non abituale che sono determinati, in ragione della loro occasionalità, tenendo conto del collegamento specifico tra il compenso e la spesa sostenuta per conseguirlo. Ciò in quanto la determinazione del reddito di lavoro autonomo differisce da quella del reddito di lavoro autonomo non esercitato abitualmente per il diverso criterio di imputazione delle spese sostenute per l'espletamento dell'incarico (cfr. Risoluzione 11 luglio 2013, n. 49/E).
La norma non attribuisce rilevanza alla circostanza che il pagamento provenga, anziché dal soggetto a cui favore la prestazione è resa, da un terzo. Pertanto, qualora l'obbligazione del terzo tragga origine da un rapporto diverso, ciò che rileva non è la ragione per cui il terzo esegue il pagamento, ma la ragione che costituisce fonte del credito che con il pagamento resta estinto.
La Risoluzione n. 35/E/2019, ha poi ulteriormente specificato che gli unici casi di esonero dalla ritenuta d'acconto di cui all'art. 25 del Dpr n. 600/1973 sono i seguenti:
– le somme erogate al difensore della parte vittoriosa non costituiscono per quest'ultimo reddito di lavoro autonomo,
– ovvero il legale produce copia della fattura emessa, nei confronti del proprio cliente, per la prestazione professionale resa (come chiarito dal documento in esame, «in tal caso, infatti, è da ritenersi che quanto erogato dall'istante al difensore munito di delega all'incasso vada a ristorare la parte vittoriosa delle spese legali sostenute»).
In tal caso, infatti, è da ritenersi che quanto erogato dalla parte soccombente al difensore munito di delega all'incasso vada a ristorare la parte vittoriosa delle spese legali sostenute.