Licenziamento in malattia e tutele
Occorre premettere che ai sensi dell’art. 2110, secondo comma, c.c., qualora il lavoratore sia assente dal lavoro per malattia, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatogli durante il suddetto periodo diverrà efficace soltanto al termine del periodo di malattia stesso, la cui durata massima (c.d. “periodo di comporto”) è fissata dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato a tale rapporto lavorativo. Infatti, la consolidata giurisprudenza in materia (ex multis, Cassazione civile sez. lav., 4 gennaio 2017, n.64) ha sancito che “lo stato di malattia del lavoratore preclude al datore di lavoro l'esercizio del potere di recesso quando si tratti di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che, tuttavia, ove intimato, non è invalido ma solo inefficace e produce i suoi effetti dal momento della cessazione della malattia”. A tale proposito, si osserva altresì che il CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi Confcommercio, applicato al rapporto di lavoro in esame, prevede che la durata massima del periodo di comporto sia pari a 180 giorni nel corso di un anno solare. Nel caso in esame si rileva che quando il datore di lavoro ha intimato il licenziamento alla lavoratrice, ossia in data 9 febbraio 2019, lo stesso giorno la lavoratrice ha ottenuto un certificato medico che ha attestato la continuazione dello stato di malattia anche in tale data e sino al giorno successivo, e la lavoratrice ha contestualmente comunicato alla società la prosecuzione della malattia nel rispetto delle modalità in tal senso previste dal suddetto contratto collettivo di lavoro. Sotto altro profilo e per quanto concerne le modalità con cui il licenziamento è stato comunicato, ovvero via whatsapp e tramite email, occorre rammentare che la giurisprudenza di merito ha recentemente sancito (Tribunale di Catania, Sezione Lavoro, sentenza del 27.6.2017) la legittimità del licenziamento comunicato tramite messaggistica al lavoratore, applicando estensivamente un principio espresso dalla Corte di Cassazione in materia, secondo cui la volontà di licenziare un lavoratore può considerarsi validamente comunicata allo stesso anche in forma indiretta, ed anche con modalità diverse da quelle ordinariamente osservate (Corte di Cassazione, sez. lavoro, 13.8.2007 n. 17652). In ragione di quanto esposto, il licenziamento intimato alla lavoratrice nel caso in esame deve ritenersi giuridicamente valido, ma temporaneamente inefficace, poiché i suoi effetti risulteranno sospesi durante la malattia della lavoratrice e fino al momento della cessazione della stessa. Pertanto, se nel caso in esame lo stato di malattia documentato dal suddetto certificato medico si protrarrà sino al 10 febbraio 2019 e non proseguirà oltre, il licenziamento produrrà i propri effetti il giorno successivo, ed ove tale stato di malattia venisse ulteriore prolungato attraverso un nuovo certificato medico, il licenziamento diverrebbe efficace al termine del periodo di malattia indicato in tale ultimo certificato, ed ogni caso non oltre il termine massimo di 180 giorni previsti dal suddetto CCNL in relazione al periodo di comporto. Fermo quanto precede, resta in ogni caso salvo ed impregiudicato il diritto della lavoratrice di impugnare il licenziamento irrogatole per ragioni diverse dai profili procedurali suesposti, e connesse al merito delle ragioni poste alla base di tale licenziamento. In tale ultima ipotesi, la lavoratrice avrebbe diritto ad impugnare in via stragiudiziale il recesso con lettera da indirizzare al datore di lavoro entro 60 giorni dalla ricezione del recesso, ed in seguito avrà facoltà di depositare presso la cancelleria del competente Tribunale del Lavoro il ricorso giudiziale volto all'impugnazione del licenziamento entro i 180 giorni successivi all'invio della predetta comunicazione di impugnazione del recesso, ai sensi dell’art. 6 della L. 604/1966.