Contrattazione

Call center, accordo Asstel-sindacati su concorrenza e tutela dei lavoratori

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di Andrea Biondi

Rispetto della tabelle sul costo medio del lavoro per i nuovi affidamenti in outsourcing anche nel privato nel settore e non solo nelle gare pubbliche; trattamenti economici e di welfare anche per gli outbound (chi dai call center telefona alla clientela) riconfermando, come unico riferimento, l’accordo fra Asstel e sindacati del 2013 (modificato nel 2017); azione comune sulle istituzioni per favorire una maggiore diffusione della clausola sociale (continuità occupazionale nei cambi d’appalto); ammortizzatori sociali strutturali come nell’industria e avvio di un fondo di solidarietà per tutta la filiera Tlc. Il tutto puntando a un tris di obiettivi: tutela del lavoro; lotta alla concorrenza sleale; sviluppo della formazione e delle politiche attive e passive.

Asstel e sindacati delle Tlc (Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil) hanno siglato un accordo quadro sul settore dei call center. «Ci proponiamo – ha spiegato Pietro Guindani, presidente dell’associazione di Confindustria che rappresenta l’intera filiera delle Tlc – di offrire risposte efficaci al cambiamento che sta investendo tutta la filiera Tlc, non solo il settore dei call center». L’obiettivo, aggiunge, è «assicurare una regolamentazione omogenea del lavoro, prevenire fenomeni di concorrenza sleale e di distorsione del mercato, sostenere nuovi modelli di sviluppo. Obiettivo che può essere raggiunto solo dal lavoro congiunto di parti sociali veramente rappresentative che, attraverso un’assunzione di responsabilità, siano in grado di accompagnare i processi di trasformazione attraverso una contrattazione capace di anticipare le soluzioni più appropriate e sostenibili per i lavoratori e le imprese».

Aziende e sindacati hanno quindi deciso di fare fronte comune in un’intesa il cui valore aggiunto sta anche nel fatto che in Asstel è rappresentato, oltre alla quasi totalità delle grandi imprese di customer care in outsourcing, anche il 40% circa della committenza. «Occorre andare oltre i tradizionali schemi di confronto – ha detto Salvo Ugliarolo (Uilcom Uil) – per individuare gli strumenti più idonei a governare positivamente un processo di cambiamento che è forte. Provare ad anticipare gli eventi è un passaggio essenziale per la sostenibilità del settore». Per Vito Vitale (Fistel Cisl) l’aspetto «estremamente positivo» di questo accordo sta nell’idea di «avere nella filiera un monitoraggio continuo. A questo uniremo passaggi di verifica delle azioni necessarie per portare a questo settore finanziario stabilità partendo dalla qualità». Fabrizio Solari (Slc Cgil) definisce l’intesa come «il tentativo di un nuovo inizio per scrivere una nuova storia sui call center, settore in cui il lavoro è complesso, sottoposto a forte competizione ma anche a distorsioni competitive».

Oltre alle azioni immediate, nell’accordo si stabilisce un lavoro comune presso le istituzioni. Per esempio, in tema di contrasto alla concorrenza sleale, per far rivedere gli incentivi alle imprese collegati alle assunzioni che in un settore labour intensive come quello dei call center rischia di creare distorsioni. Altra grande partita: la richiesta di rendere disponibili anche per le aziende di call center in outsourcing, che oggi rientrano nell’ambito del Fondo di integrazione Salariale, gli stessi ammortizzatori sociali fruiti nel comparto industria. «Ci aspettiamo – ha concluso Guindani – di vedere reinvestite parte delle risorse provenienti dall’asta delle licenze 5G nel fondo di solidarietà e nei programmi di formazione e riqualificazione dei lavoratori».

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