Assegno di ricollocazione solo con il nuovo «reddito»
Nuova veste per l’assegno di ricollocazione, che, in base al Dl 4/2019 (articolo 9, comma 7) diventa uno strumento di politica attiva destinato ai beneficiari del reddito di cittadinanza. Il provvedimento in vigore dal 29 gennaio e ora all’esame del Senato per la conversione in legge sospende infatti, fino al 31 dicembre 2021, l’erogazione del “voucher” per la ricerca dell’impiego (previsto dall’articolo 23 del Dlgs 150/2015) ai disoccupati, percettori della Naspi da almeno quattro mesi, ove ne avessero fatto richiesta.
È così modificato - salvo ulteriori interventi con la conversione in legge del decreto - uno degli istituti cardine del Jobs Act, che perseguiva l’incremento della flessibilità in entrata, con le assunzioni a termine acausali, della flessibilità gestionale, con le modifiche all’articolo 2103 del Codice civile, e di quella in uscita, con l’affievolimento del diritto alla reintegra sancito dal contratto a tutele crescenti, disciplinato dal Dlgs 23/2015.
A fronte della perdita di tutele da parte dei lavoratori, l’assegno di ricollocazione, da usare presso i soggetti pubblici (centri per l’impiego) o le agenzie private che forniscono servizi di assistenza personalizzata per la ricerca di un nuovo lavoro, avrebbe dovuto fungere da volano per favorire la rioccupabilità.
Con l’intervento del Dl 4/2019, l’assegno diviene parte integrante della funzione attribuita al reddito di cittadinanza. Non subisce modifiche e non è sospesa invece l’attribuzione anticipata dell’assegno di ricollocazione, per i lavoratori in esubero nell’ambito delle procedure Cigs per riorganizzazione o crisi aziendale per i quali non sia espressamente previsto il completo recupero occupazionale (articolo 24-bis del Dlgs 148/2015).
I beneficiari del reddito di cittadinanza, dopo aver stipulato il Patto per il lavoro con il centro per l’impiego, trascorsi trenta giorni dalla data di liquidazione della prestazione, ricevono dall’Anpal l’assegno di ricollocazione, graduato in funzione del profilo personale di occupabilità, da spendere presso i centri per l’impiego o presso i soggetti accreditati (scelta da fare entro 30 giorni). Riceveranno così il servizio di assistenza intensiva alla ricerca della nuova occupazione mirato, ove necessario, a un percorso di riqualificazione professionale per favorire sbocchi occupazionali auspicabilmente esistenti nell’area di competenza.
Il servizio ha una durata di sei mesi, prorogabile di ulteriori sei mesi qualora residui parte dell’importo dell’assegno e dovrà essere effettivamente svolto dal soggetto erogatore prescelto. Quest’ultimo, se entro trenta giorni dalla richiesta non si sarà attivato nella ricollocazione del beneficiario, potrà essere sostituito con un’altro analogo.
I percettori del reddito di cittadinanza, assistiti da un tutor, sono obbligati a svolgere le attività individuate, il cui inadempimento comporta pesanti sanzioni.
L’articolo 7, comma 5, del Dl 4/2019 prevede infatti la decadenza dal reddito di cittadinanza quando uno dei componenti il nucleo familiare, tra l’altro, non partecipi, senza giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione.
Sulla base di questi presupposti, sembra che l’intervento normativo muova dalla convinzione che il disoccupato in Naspi si trovi nell’autonoma condizione di reperire una nuova attività lavorativa senza l’intervento delle politiche attive.
Questo aspetto potrebbe incidere probabilmente sui livelli occupazionali se è vero che i soggetti espulsi dal ciclo produttivo, sono potenzialmente reimpiegabili attraverso un adeguamento delle competenze e conoscenze attuato mediante la riqualificazione professionale su cui si concentrava l’assegno di ricollocazione in base all’articolo 23, comma 1, del Dlgs 150/2015.
Con le disposizioni del Dl 4/2019 si individua invece un nuovo modello di politica attiva che riversa le proprie potenzialità su soggetti a volte di difficile occupabilità.