Contenzioso

La gravidanza nel periodo di preavviso non annulla il licenziamento

immagine non disponibile

di Giuseppe Bulgarini d'Elci

Se lo stato di gravidanza insorge nel periodo di preavviso, dopo che la lavoratrice è già stata destinataria della lettera di licenziamento, la condizione di gestante non è idonea a determinare la nullità del recesso datoriale.

La Corte di cassazione afferma questo principio con l'ordinanza 9268/2019, nella quale spiega come lo stato di gravidanza insorto durante il periodo di preavviso non costituisca causa di nullità del licenziamento intimato prima che la lavoratrice sviluppasse tale condizione, ma possa, tutt'al più, comportare la transitoria sospensione del periodo di preavviso per l'intervallo entro il quale, in base all'articolo 54 del Dlgs 151/2001, opera il divieto di licenziamento.

La Suprema corte perviene a questa conclusione sul presupposto che il licenziamento, in quanto atto unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la decisione del datore di lavoro perviene nella sfera di conoscenza del dipendente. È nell'istante in cui al lavoratore viene consegnata la lettera di licenziamento, pertanto, che si devono verificare le condizioni che giustificano il potere datoriale di recedere dal rapporto, mentre gli eventi (come lo stato di gravidanza) che si producono nel successivo periodo di preavviso non sono suscettibili di incidere sulla validità del licenziamento.

Da questo assunto la Cassazione ricava la conclusione che la verifica di legittimità va effettuata al momento in cui si perfeziona il licenziamento, che coincide con la data in cui la lettera di recesso perviene alla lavoratrice. Se a tale data lo stato di gravidanza non è ancora insorto, il divieto di licenziamento posto dall'articolo 54 non può operare. Si può, invece, produrre la sospensione del rapporto di lavoro, se la gravidanza insorge dopo la notifica del licenziamento, ma prima che sia concluso il periodo di preavviso.

Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema corte è relativo al licenziamento di una dipendente per motivo oggettivo perfezionatosi il 2 aprile 2004, con periodo di preavviso destinato a concludersi il successivo 15 maggio e stato di gravidanza insorto il 15 aprile. Sul presupposto della gravidanza, la dipendente ha impugnato il recesso per asserita violazione del divieto di licenziamento nel periodo di tutela della maternità.

Riformando la decisione del giudice di primo grado, la Corte d'appello di Ancona ha confermato la validità del licenziamento in quanto la gravidanza, benché insorta quando il rapporto era ancora attivo, si era manifestata dopo la intimazione del licenziamento.

La Cassazione conferma la sentenza d'appello e rimarca che il licenziamento si perfeziona nel momento in cui esso viene comunicato al destinatario. Ne deriva che la gravidanza insorta nel periodo di preavviso successivamente lavorato dalla dipendente non può incidere sulla validità stessa del licenziamento, posto che il regime di protezione accordato alle lavoratrici gestanti, in tal caso, comporta unicamente la temporanea sospensione del preavviso stesso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©