Contenzioso

Accertamento tecnico preventivo in materia di invalidità e verifica dei requisiti extrasanitari

di Silvano Imbriaci


Con due sentenze analoghe, diverse solo per l'oggetto della prestazioni interessate (assegno di invalidità civile la n. 9755/2019 e indennità di frequenza la n. 9876/2019) la Cassazione torna sulla questione dell'oggetto del giudizio di accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c., chiarendo in via definitiva, dopo i primi assestamenti giurisprudenziali sortiti dall'introduzione della norma nel 2011, l'ambito dell'accertamento devoluto al Giudice del Lavoro in materia di requisito sanitario propedeutico alle prestazioni di invalidità in genere.

Come è noto l'art. 38, comma 1, n. 1) lett. b) del d.l. n. 98/2011 ha introdotto, all'interno del processo previdenziale, con decorrenza 1 gennaio 2012, l'accertamento tecnico preventivo obbligatorio (art. 445 bis c.p.c.), sul modello della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite (art. 696 bis c.p.c.), con lo scopo di ridurre il contenzioso in materia di invalidità civile e di invalidità INPS, mediante l'apposizione di un filtro preliminare (procedimento a cognizione sommaria) finalizzato ad una statuizione tendenzialmente "concordata" (o meglio, accettata), e definitiva, sui presupposti di tipo medico-sanitario necessari per l'attribuzione della prestazione. La norma, nel corso della sua applicazione, è stata oggetto di rilevanti interventi interpretativi che hanno consentito di superare alcune delle iniziali criticità che avevano posto più di un dubbio sulla efficacia di questo particolare procedimento. L'art. 445 bis c.p.c. impone al soggetto che intenda ottenere, in via giudiziale, il riconoscimento del requisito sanitario necessario per l'accesso ad una specifica prestazione di invalidità, la presentazione di una istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie fondanti la pretesa fatta valere. Una volta esaurita la fase consulenziale, le parti hanno la possibilità, entro un termine perentorio non superiore a trenta giorni, di esprimere eventuale dissenso alle conclusioni della perizia.

Nel caso di mancata contestazione, il giudice entro i successivi trenta giorni dalla scadenza del precedente termine, omologa con decreto l'accertamento del requisito sanitario conformemente a quanto stabilito dal CTU, provvedendo anche sulle spese. Ove non vi sia accordo sulle conclusioni peritali, la parte interessata ha l'onere di depositare nel termine perentorio di trenta giorni dalla dichiarazione di dissenso, il vero e proprio ricorso introduttivo del giudizio (con relativo pagamento del contributo unificato), specificando a pena di inammissibilità i motivi della contestazione in modo non generico a pena di inammissibilità. La questione affrontata dalla sezione Lavoro riguarda l'oggetto di questo giudizio. In che misura cioè possa conciliarsi il principio del divieto di azioni di mero accertamento dello stato invalidante (su cui vedi da ultimo Cass. n. 9877/2019) con la struttura acceleratoria e bifasica del procedimento per ATP.

Sul punto la Cassazione ha affermato che nel giudizio di ammissibilità dell'ATP debba essere verificato l'effettivo collegamento dell'accertamento con una specifica prestazione, al fine di evitare il rischio di una proliferazione di ricorsi privi di un reale interesse sostanziale. Per questo il Giudice dovrà valutare in prima battuta oltre agli aspetti legati alla procedibilità anche l'utilità effettiva derivante dall'accertamento sanitario, valutando anche se prima facie gli altri presupposti della prestazione previdenziale o assistenziale in vista della quale il ricorrente domanda l'accertamento tecnico. E solo ove questi presupposti siano integrati, il giudice potrà procedere all'affidamento dell'incarico. Quanto al successivo giudizio di merito, la cui apertura è preceduta dalla formulazione neutra e non motivata del dissenso, l'oggetto di questo è incentrato esclusivamente sulle conclusioni del consulente tecnico. La pronuncia sul solo requisito sanitario, nel caso in cui sia accertata la sua ricorrenza, lascia impregiudicato il futuro accertamento in sede amministrativa dei restanti requisiti extrasanitari.

Per questo motivo la Cassazione afferma, in modo abbastanza solenne, che la statuizione del tribunale, all'esito dell'instaurazione del giudizio di merito ex art. 445 bis u.c., non può contenere una condanna dell'ente previdenziale all'erogazione dell'intera prestazione o beneficio, dal momento che manca l'accertamento dei requisiti extrasanitari spesso neanche verificati in sede amministrativa prima della proposizione dell'accertamento tecnico preventivo. Il Giudice dovrà invece limitarsi alla mera affermazione della sussistenza del requisito sanitario o, al più, condizionarne l'erogazione alla sussistenza degli altri requisiti extrasanitari.

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