Contrattazione

Legge sul caporalato, attuazione ancora lontana

di Roberto Caponi


Sono trascorsi quasi 3 anni dall'entrata in vigore della legge 199/16, meglio conosciuta come legge caporalato e lo sfruttamento del lavoro, e la parte repressiva continua ad essere l'unico filone ad aver trovato un certo grado di attuazione.
Nel primo semestre del 2019, secondo dati dell'Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), le indagini svolte sul fronte della lotta al caporalato hanno portato alla denuncia di 263 persone – 59 delle quali in stato d'arresto – in netto incremento rispetto alle 80 denunce dell'omologo periodo del 2018 e con una incidenza del fenomeno che si è confermata prevalente (147 denunce) nel settore agricolo. Tali risultati sono stati conseguiti a seguito della nuova norma penale (articolo 603 bis del Codice penale) che ha ampliato sensibilmente la fattispecie criminale, prevedendo la punibilità anche del datore di lavoro, a prescindere dall'intervento del caporale, in presenza degli indici di sfruttamento (violazioni in materia di orario e in materia di salute e sicurezza; retribuzione palesemente difforme dai contratti collettivi; condizioni alloggiative e di lavoro degradanti).
La parte penale - che pure ha consentito un maggior numero di denunce - continua a sollevare un ampio dibattito, anche in dottrina, in merito ai suoi effetti, giacché non definisce espressamente la condotta illecita, ma rinvia a degli indici di sfruttamento piuttosto generici. Né i chiarimenti forniti recentemente dall'Inl con apposite linee guida (circolare n. 5 del 28 febbraio 2019), sembrano aver fugato del tutto i dubbi interpretativi su norme che si prestano ad applicazioni estensive e che lasciano eccessivi margini di discrezionalità agli organi di vigilanza ed alla magistratura.
Per quanto riguarda le altre parti della legge finalizzate a promuovere una maggiore trasparenza del mercato del lavoro in agricoltura e a migliorare le condizioni di vita e di lavoro degli operai agricoli stagionali, le soluzioni concrete sembrano ancora lontane. Non risulta, infatti, ad oggi adottato il “piano di interventi” per la sistemazione logistica e il supporto dei lavoratori da parte delle autorità coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo, che avrebbe dovuto essere adottato entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge 199/16. Inoltre, la Rete del lavoro agricolo di qualità, istituita presso l'Inps, continua a registrare un numero relativamente modesto di adesioni rispetto alla potenziale platea, probabilmente a causa dell'eccessiva rigidità dei requisiti richiesti (basta una lieve infrazione amministrativa per essere esclusi dalla Rete) e per la non esigibilità dell'unico concreto vantaggio per le imprese iscritte, che è quello di essere escluse dalle azioni ordinarie di controllo. Da ultimo, anche il Tavolo costituito presso il ministero del Lavoro in base all'articolo 25-quater della legge 136/18 per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, non ha ancora concluso i propri lavori. E infatti, al momento, risultano operativi solo i sei sotto-tavoli tecnici di approfondimento monotematico (vigilanza; alloggi; trasporti; rete del lavoro agricolo; filiera produttiva agroalimentare; intermediazione e collocamento), i quali si sono già riuniti e hanno prodotto documenti di analisi e proposte che non hanno però ancora trovato un momento di sintesi nel tavolo generale.
Nel frattempo, la stagione delle grandi campagne di raccolta è già iniziata e gli unici piccoli risultati tangibili si registrano a livello territoriale grazie alla sensibilità di alcune Prefetture ed amministrazioni locali, che congiuntamente alle Parti sociali hanno intrapreso delle azioni concrete per affrontare soprattutto i problemi del trasporto dei lavoratori e della carenza di alloggi, e per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro.

La legge n. 199/2016

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