Contenzioso

Il contributo integrativo non salva dalla gestione separata Inps

di Matteo Prioschi


Altro punto a favore dell'Inps nei contenziosi che vedono contrapposti l'istituto di previdenza e professionisti chiamati a versare i contributi alla gestione separata per l'attività di lavoro autonomo svolta contemporaneamente a quella da dipendenti.

Con la sentenza 21324/2019 depositata ieri, la Corte di cassazione conferma l'indirizzo interpretativo iniziato nel 2017 e che porta al ribaltamento delle decisioni assunte in primo e secondo grado favorevoli ai professionisti (tra le più recenti, quella della Corte d'appello di Palermo pubblicata l'11 luglio scorso).

La materia del contendere riguarda quei professionisti, nel caso specifico un ingegnere, che svolgono attività di lavoro dipendente e in quanto tali sono iscritti a una gestione previdenziale Inps e al contempo svolgono anche lavoro autonomo. Per i redditi determinati da quest'ultima l'istituto nazionale di previdenza ritiene vadano versati i contributi alla gestione separata, anche se l'ingegnere già versa il contributo integrativo a Inarcassa.

Nel decidere il contenzioso i giudici partono richiamando la sentenza a sezioni unite 3240/2010 secondo cui a fronte di una doppia attività lavorativa corrisponde una doppia iscrizione previdenziale senza duplicazione dei contributi versati in quanto riferiti a redditi diversi. Aggiungono che, negli anni, l'ambito di operatività della gestione separata è stato esteso e che questo è coerente con il principio di universalità delle tutele assicurative obbligatorie per tutti i lavoratori e che l'obbligo assicurativo è correlato alla produzione di redditi qualificati secondo la disciplina tributaria.

In base al principio di universalizzazione oggettivo e soggettivo, «l'obbligo di iscrizione alla gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall'esercizio abituale (anche se non esclusivo), ma anche occasionale…di un'attività professionale per la quale è prevista l'iscrizione ad un albo o ad un elenco, anche se il medesimo soggetto svolge anche altra diversa attività per cui risulta già iscritto ad altra gestione». E a questo obbligo ci si può sottrarre solo se il reddito «è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento».

Ancora più chiaramente, «l'unica forma di contribuzione obbligatoriamente versata» che può escludere l'iscrizione alla gestione separata è «quella correlata ad un obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria, in applicazione del divieto di duplicazione delle copertura assicurative incidenti sulla medesima attività professionale».

Dato gli ingegneri che lavorano come dipendenti versano a Inarcassa solo un contributo integrativo per l'attività autonoma e che tale contributo non determina una copertura assicurativa per vecchiaia, invalidità e morte, non esclude l'obbligo di iscrizione alla gestione separata Inps.

I giudici non accolgono nemmeno il rilievo secondo cui i contributi versati da questi lavoratori alla gestione separata rischiano di essere inutili ai fini previdenziali. Nella sentenza si fa notare che «anche gli sviluppi recenti della legislazione (legge 228 del 2012 e legge 232 del 2016) si sono mossi nel senso di ampliare la sfera della cumulabilità della diversa contribuzione, non coincidente, maturata da ciascun lavoratore secondo le proprie valutazioni di convenienza». Secondo la Suprema corte c'è quindi la possibilità di valorizzare quanto versato, opzione che comunque resta legata alle caratteristiche dell'attività lavorativa svolta.
A questo riguarda si osserva che l'attività autonoma spesso è svolta contemporaneamente a quella dipendente e quindi i relativi contributi non sono cumulabili per ottenere un'unica pensione come del resto riportato nella sentenza.

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