Revocabile unilateralmente la concessione dell'auto aziendale
La Corte di cassazione è di recente intervenuta sul tema della revocabilità dell'auto aziendale assegnata nell'esclusivo interesse aziendale e con addebito al dipendente del costo relativo all'uso personale del veicolo.
In particolare, con ordinanza 11538/19 del 2 maggio 2019, sul presupposto dell'onerosità dell'uso del veicolo aziendale da parte del dipendente, ha confermato la legittimità della revoca unilaterale dell'auto, in qualsiasi momento, senza preavviso e senza diritto per il lavoratore ad alcun indennizzo o compenso sostitutivo.
E' noto che l'auto aziendale è tuttora considerata uno dei benefit di maggior pregio e questo in ragione degli indubbi benefici, tuttora persistenti nonostante le modifiche normative in senso restrittivo, di natura fiscale e contributiva, per dipendenti e imprese.
Tuttavia, in merito alla disciplina delle auto aziendali sorgono non di rado conflitti con il datore di lavoro talvolta addirittura più sentiti e coinvolgenti di quelli relativi ad aumenti retributivi o bonus.
Capita sovente, infatti, che le aziende si trovino a modificare le proprie politiche di assegnazione dell'auto in uno sforzo di riduzione dei costi o per l'adeguamento a pratiche internazionali in vigore in altre consociate del medesimo gruppo. Tali variazioni, andando ad incidere su un beneficio particolarmente caro al dipendente, vengono vissute in modo traumatico e sono fonte di contenzioso.
L'auto aziendale può essere assegnata ad uso promiscuo, con l'imputazione figurativa del valore del beneficio per il dipendente ai fini contributivi e fiscali, oppure, come nel caso esaminato dalla Cassazione, addebitando al lavoratore il valore dell'uso personale della vettura, con una deduzione dalla retribuzione.
Nel caso deciso dalla Corte di legittimità un dipendente aveva domandato la “riconsegna” dell'auto aziendale che gli era stata assegnato un paio di anni prima e poi revocata. Il dipendente avevo sostenuto la natura promiscua del benefit affermando, fra l'altro, di non averne mai effettivamente pagato l'uso. La Cassazione, con l'ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile rigettando le censure mosse dal ricorrente all'accertamento della Corte di merito circa la natura onerosa dell'assegnazione dell'auto. Non prima, tuttavia, di aver confermato, nel testo delle motivazioni che, nel caso in cui l'uso privato dell'auto aziendale sia interamente addebitato al dipendente, la vettura non debba considerarsi un benefit e dunque possa essere revocata unilateralmente dalla società, ove l'interesse della medesima all'assegnazione venga meno.
La Cassazione aggiunge dunque un tassello nel complesso mosaico della disciplina dell'auto aziendale indicando una strada alle aziende per concedere un “benefit” molto gradito ai dipendenti, mantenendo tuttavia la possibilità, in un secondo momento, di revocarlo senza particolari complicazioni o rischi: l'addebito del valore d'uso privato della automobile, con la deduzione del relativo importo dalla retribuzione mensile del beneficiario. Tale ammontare potrà essere valorizzato secondo le indicazioni che provengono dalla disciplina fiscale del benefit auto (tabelle ACI) o anche con un diverso importo ragionevolmente coerente con l'uso personale della vettura.
A tale proposito, è opportuno ricordare che anche la giurisprudenza di merito si è espressa in passato con coerente orientamento nel senso di affermare la revocabilità unilaterale di beni e servizi erogati dal datore di lavoro a fini esclusivamente lavorativi (cfr. ad esempio Tribunale di Teramo 28/10/2010 e Tribunale Firenze 26/1/2007), nonché la legittimità di clausole contrattuali che prevedano la revocabilità unilaterale della concessione dell'auto aziendale (Tribunale di Roma 17 dicembre 2008).
L'ordinanza n. 11538/19 della Corte di cassazione