Decesso del lavoratore, Tfr e preavviso
Come noto, il decesso del lavoratore subordinato comporta l’automatica risoluzione del rapporto di lavoro ai sensi dell’art 2122 c.c., ed in conseguenza di tale evento le indennità dovute ai sensi degli artt. 2118 c.c. (indennità sostitutiva del preavviso) e 2120 c.c. (TFR) spettano al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro deceduto, dei parenti entro il terzo grado e degli affini entro il secondo grado. Il terzo comma della norma in esame prevede, inoltre, che in assenza dei soggetti sopraindicati, le indennità sopra citate siano attribuite secondo le norme in materia di successione legittima. Con riguardo alla posizione del coniuge separato dal lavoratore successivamente deceduto, ove allo stesso non sia stata addebitata la separazione, egli conserva gli stessi diritti del coniuge non separato, pertanto avrà diritto alla ripartizione delle suddette indennità ai sensi di legge. Quando invece la separazione sia stata addebitata al coniuge superstite, ovvero ad entrambi i coniugi, occorrerà verificare in primo luogo a quale titolo i soggetti indicati dalla norma in esame acquistino il diritto a percepire le somme sopra indicate, poiché sul punto si registra un contrasto giurisprudenziale: un primo orientamento prevede che il diritto alle indennità di cui trattasi sorga in favore dei superstiti iure proprio, sia in considerazione del loro status, sia in quanto tale principio è sancito da una norma, mentre un secondo orientamento postula che tali indennità si trasmettano iure successionis, passando dal patrimonio del defunto a quello dei soggetti espressamente designati dal codice civile. L’orientamento giurisprudenziale che pare essersi progressivamente consolidato nel tempo (C. Cass. 3515/1981; C. Cass. 3764/1982; C. Cost. n. 213/1985; Cass. n. 285/2005; Tribunale di Bologna, sentenza 20/06/2007; Cass. 23880/2008) depone a favore dell'acquisto iure proprio del diritto alla percezione delle indennità in esame, ed è stato osservato anche dalla prassi (ex plurimis, INPS, circolare 7 marzo 1983 n. 470; Agenzia delle Entrate, risoluzione 6 febbraio 2009, n.36/E) e da parte della giurisprudenza tributaria (Comm. Trib. Centr. 20.12.1993, n. 3646), mentre l’orientamento minoritario, che depone in favore della “tesi iure hereditatis”, è alquanto risalente ed isolato (Tribunale di Napoli, sentenza 17/04/1953; Tribunale di Brescia, sentenza 12/3/1955) e pare essere stato comunque superato dalle ultime pronunce. Sotto altro profilo e per quanto attiene alla ripartizione delle somme di cui trattasi tra i soggetti sopra indicati (coniuge, figli e parenti a carico del lavoratore deceduto di cui sopra), il secondo comma dell’art. 2122 c.c. prevede che la ripartizione debba avvenire, in via primaria, mediante accordo tra gli aventi diritto, accordo che deve fissare la misura e le modalità della suddivisione. Sempre ai sensi di tale norma, ove non sia possibile raggiungere il predetto accordo, la ripartizione dovrà effettuarsi “secondo il bisogno di ognuno”, quindi attraverso una valutazione da compiere in ragione dello stato di necessità di ciascuno degli aventi diritto, tenendo conto non solo delle situazioni sussistenti in data anteriore al decesso del lavoratore, ma anche degli eventi successivi che possano aver influito sulla consistenza patrimoniale dei singoli beneficiari. Per completezza, si segnala che se il figlio della lavoratrice deceduta è soggetto minore di età, potrebbe non risultare sufficiente l’accordo tra gli eredi, poiché occorrerà ricorrere al Giudice tutelare affinché autorizzi il genitore all’incasso delle somme nell’interesse del figlio minore e disponga anche in merito alla suddivisione delle quote. Occorre infine precisare che, sebbene nel caso in esame non siano intervenuti accordi tra le parti, sarebbe comunque nullo ogni patto anteriore alla morte del lavoratore circa l'attribuzione e la ripartizione delle somme spettanti a titolo di trattamento di fine rapporto e di indennità sostitutiva del preavviso, come previsto dall’ultimo comma dell’art. 2122 c.c.. In considerazione di quanto precede ed in applicazione dell’orientamento giurisprudenziale maggioritario, da ritenersi ormai prevalente, nel caso in esame tali indennità spetteranno sia al coniuge che al figlio, ed andranno ripartite in base ad un accordo, ovvero secondo lo stato di bisogno di entrambi e nei termini sopra indicati, a prescindere dall’eventuale separazione che abbia coinvolto il coniuge superstite.