Contenzioso

Congedo straordinario: l’assistenza deve essere permanente, continuativa e globale

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di Valeria Zeppilli

I lavoratori che hanno necessità di assistere un familiare con handicap grave hanno diritto a un congedo straordinario, previsto dal Dlgs n. 151/2001 e sui cui confini di operatività si è di recente concentrata l'attenzione della Corte di cassazione (sezione lavoro, 19 luglio 2019, n. 19580).
Attraverso un'analisi approfondita di tale congedo, che ha ripercorso dettagliatamente anche il quadro normativo di riferimento, i giudici hanno tra le altre cose chiarito che, ai fini del godimento del beneficio in parola, sono richieste sia la convivenza con la persona da assistere, sia un'assistenza permanente, continuativa e globale in favore del disabile, che lo supporti nella sfera individuale o in quella di relazione.
I requisiti della convivenza, della continuità e dell'esclusività, infatti, sono stati eliminati dal legislatore solo ai fini del godimento dei permessi di cui all'articolo 33 della legge 104 e non ai fini del congedo straordinario, che è un istituto ben distinto dal primo.
Ciò posto, il comportamento del lavoratore che usufruisca abusivamente del congedo va valutato in relazione a due distinti ambiti: sia quello del rapporto negoziale che lo lega al datore di lavoro, sia quello del rapporto assistenziale che lo lega all'ente di previdenza.
Più precisamente, nei confronti del datore di lavoro, ad assumere rilievo è la condotta contraria a buona fede o comunque lesiva della buona fede altrui, posto che tale soggetto, con l'abuso, si vede privato ingiustamente di una prestazione lavorativa e subisce quindi una lesione, la cui entità in concreto va poi valutata caso per caso. Nei confronti dell'ente previdenziale, invece, assumono rilievo l'indebita percezione dell'indennità prevista per il congedo straordinario e lo sviamento dell'intervento assistenziale.
Per la Corte, insomma, se è vero che l'assistenza alla base del beneficio non può intendersi come esclusiva e non può impedire a chi la offre di dedicarsi anche alle proprie esigenze personali, è altrettanto vero che devono comunque risultare salvaguardati i connotati di una cura che deve essere permanente, continuativa e globale.
Ogniqualvolta vi sia un allontanamento dal disabile per un lasso di tempo significativo (come avvenuto nel caso di specie) occorre quindi verificare se, nonostante ciò, siano state salvaguardate le finalità primarie e prevalenti dell'intervento assistenziale. Accertato eventualmente l'illecito, occorrerà poi valutare, sempre tenendo conto delle circostanze concrete, se la condotta integri o meno un'ipotesi di giusta causa di licenziamento.

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