Ricollocazione, allerta sulle misure incompatibili
La scheda anagrafico-professionale del percettore del reddito di cittadinanza (Rdc) dovrà indicare l’eventuale coinvolgimento della persona in altre analoghe misure di politica attiva, perché queste sono incompatibili con l’assegno di ricollocazione.
La precisazione è contenuta nella delibera dell’Anpal 17/2019 relativa alle modalità operative e all’ammontare dell’assegno di ricollocazione nell’ambito del reddito di cittadinanza. Il provvedimento aggiorna quanto già contenuto nella delibera 5 del 12 giugno 2019, a seguito della condivisione delle regole con le Regioni, avvenuta nei mesi scorsi.
L’assegno di ricollocazione è lo strumento per i beneficiari del reddito di cittadinanza che si articola in un servizio di assistenza alla persona e tutoraggio e un servizio di ricerca intensiva di opportunità occupazionali. Programma che però è incompatibile con eventuali altri programmi di politica attiva a cui il percettore del reddito può essere già avviato.
Tuttavia, secondo la delibera 17/2019, qualora nella scheda anagrafico-professionale non siano state inserite le informazioni relative a tali aiuti, l’assegno di ricollocazione verrà riconosciuto comunque. Per evitare queste situazioni, la delibera stessa stabilisce che le amministrazioni competenti sono tenute a comunicare tempestivamente all’Anpal le misure di politica attiva incompatibili con l’assegno.
La procedura di attribuzione dell’assegno prevede che il beneficiario del reddito di cittadinanza sia convocato dal centro per l’impiego territorialmente competente al fine di verificare i requisiti per la sottoscrizione del patto del lavoro. Operazione che deve essere compiuta entro 60 giorni dal riconoscimento del Rdc. Se il termine non viene rispettato, interviene Anpal. A seguito del confronto con le Regioni, tale intervento non ha più un carattere “ispettivo” ma collaborativo nei confronti del centro per l’impiego, al fine di aiutare l’espletamento delle procedure.
Il servizio di assistenza intensiva può essere svolto sia dai centri per l’impiego che dagli operatori privati accreditati, a scelta del beneficiario, e prevede un rimborso a vantaggio di questi ultimi se si ottiene un risultato positivo, ossia un’assunzione con contratto a tempo indeterminato, oppure di almeno sei mesi, o di almeno tre in Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Il contributo oscilla da 250 a 5mila euro anche in relazione al profilo di occupabilità del candidato.
Qualora il programma di ricollocazione non vada a buon fine, gli operatori sono compensati in base a un meccanismo basato sui risultati positivi ottenuti.
Meccanismo già previsto nella delibera 5/2019 e confermato nella 17/2019, non essendo state recepite le richieste di prevedere un maggior riconoscimento per l’attività svolta a prescindere dal risultato ottenuto.