Per l'amministratore delegato pensione con il cumulo contributivo
A fronte del messaggio Inps 3359/2019 pubblicato il 17 settembre (si veda il Sole 24 Ore di ieri), può essere utile considerare gli impatti, a valle di una possibile verifica ispettiva, sulla posizione pensionistica del lavoratore dipendente al contempo destinatario di una carica sociale, con particolare riferimento al caso del dirigente che sia anche amministratore delegato o anche semplice membro del Cda.
Il messaggio Inps porta, nella maggioranza delle fattispecie analizzate, a esaminare caso per caso i due rapporti (societario e subordinato) per verificare la difendibilità del secondo rispetto al primo. Se nel caso dell'amministratore unico o del consigliere delegato che abbia deleghe di amplissima portata, l'esclusione di un rapporto di lavoro dipendente sembra del tutto automatica, il più comune caso del dirigente che sia al contempo amministratore delegato guida alla necessità di esaminare la cronologia dei due rapporti, le loro basi documentali con particolare riferimento alle aree di sovrapposizione dei relativi contenuti, nonché la effettiva e sostanziale prestazione svolta dall'assicurato nell'organizzazione aziendale.
Il rimando alla sentenza 18414/2013 di Cassazione aiuta a configurare una situazione spesso rintracciabile in numerosi contesti aziendali, anche multinazionali e di grandi dimensioni. Si tratta del caso di un dirigente, nominato tale dopo pochi anni di carriera, che assurga a ruoli di leadership fino all'acquisizione della carica di consigliere delegato, magari anche con potere di assunzione e licenziamento dei dirigenti senza necessità della approvazione di altri consiglieri o della ratifica del Cda.
In questo contesto, l'originario contratto di lavoro, mai aggiornato rispetto alla prima nomina dirigenziale e l'ampio spettro delle deleghe configurate dal mandato societario rendono fin troppo facile al funzionario ispettivo l'ingrato compito di trarne le conseguenze a livello previdenziale, complice l'esame della attività svolta in azienda a 360 gradi. Annullamento d'ufficio della contribuzione all'assicurazione generale obbligatoria a far data dall'efficacia della nomina societaria che ha fagocitato il rapporto di lavoro dipendente.
La portata cronologica di tale disposizione, secondo Inps, non ha argini nell'ambito della prescrizione: secondo l'ultima versione del messaggio 9869/2012 se il versamento indebito di contributi è avvenuto in carenza di presupposto assicurativo, la contribuzione è annullabile senza limite temporale. In presenza di dolo nella creazione della posizione da dipendente non vi sarà alcun rimborso, mentre in presenza di buona fede i contributi saranno rimborsabili a domanda nell'ambito del limite decennale (articolo 2033 del codice civile.).
Prima di guardare i contributi da recuperare dovrà però tenersi conto della conseguenza sulla posizione pensionistica dell'assicurato, specie nel caso di compensi di amministratore del tutto reversibili nella retribuzione dirigenziale. In questo caso potrà essere richiamata la clausola di assorbibilità, riqualificando le somme erogate quali compensi del consigliere e non più a titolo di retribuzione e invocata la traslazione dei contributi dalla gestione lavoratori dipendenti alla gestione separata, secondo quanto previsto dalla legge 388/2000, articolo 116, comma 20.
Grazie al nuovo cumulo contributivo (gratuito e attivo fra tutte le gestioni Inps e le casse per professionisti) l'assicurato riuscirà a non perdere nemmeno una settimana di contributi al diritto, con una conseguenza non da poco: alla contribuzione accolta dalla gestioneseparata si applicherà il massimale contributivo (per il 2019 pari a 102.543 euro) con una sostanziale riduzione della futura pensione per i dirigenti che superano di parecchio tale limite.