Previdenza

Si applica la disciplina generale dell’indebito in caso di incompatibilità tra prestazioni assistenziali e previdenziali

di Silvano Imbriaci

La Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 12 giugno 2019 numero 15759 fornisce qualche utile indicazione in merito alla disciplina dell'indebito pensionistico, quando lo stesso derivi dall'aver percepito per un determinato periodo contemporaneamente la pensione di invalidità civile e l'assegno ordinario di invalidità pensionabile, prestazioni, una assistenziale e l'altra previdenziale, tra loro incompatibili.

Le questioni affrontate in realtà sono due: con quale atto l'Inps possa interrompere la prescrizione del credito, e, in seconda battuta, se la fattispecie si presenti nella veste di un effettivo recupero di indebito o se riguardi le modalità con cui periodicamente l'Istituto verifica la sussistenza delle condizioni per la permanenza di prestazioni assistenziali in presenza di un mutamento delle condizioni reddituali o sanitarie del beneficiario.

Quanto alla prima questione, la Corte ritiene che l'atto con cui si interrompe la prescrizione di un diritto di credito non debba necessariamente consistere in una richiesta o intimazione ad adempiere (caratteristiche queste dello specifico atto di messa in mora) ma possa anche più semplicemente essere veicolato tramite una dichiarazione che manifesti, anche implicitamente, l'intenzione di esercitare il diritto.

Occorre dunque distinguere tra atto di messa in mora, con cui esplicitamente e in modo stringente si chiede l'adempimento di una prestazione (con quel che ne consegue non solo in punto di prescrizione ma anche di effetti collegati alla mora), e atto interruttivo della prescrizione in base all’articolo 2943 del codice civile, che non necessariamente deve contenere i requisiti della messa in mora, ma che deve essere tale da far emergere, anche implicitamente, la chiara volontà del creditore di far valere ed esercitare il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato.

Dunque non una intimazione, essendo sufficiente che il debitore venga a conoscenza della volontà del creditore di esercitare il diritto. In ogni caso, tuttavia, tale determinazione deve risultare in modo non equivoco e non può consistere, come era successo nel caso di specie, anche in assenza di intimazione, in una generica descrizione di una situazione in fatto, riservando l'Inps a future comunicazioni il chiarimento circa l'eventuale applicabilità di sanatorie o l'effettiva entità del residuo da corrispondere. In questi termini l'atto non ha valenza e capacità non solo di intimazione ma anche di semplice interruzione della prescrizione.

Quanto, invece, alla individuazione della normativa relativa alla fattispecie, la questione controversa si misura sull'applicabilità della disciplina dell'indebito generale previsto dal codice civile (articolo 2033 del codice civile) piuttosto che della normativa che regola l'indebito assistenziale in mancanza di requisiti di legge per la permanenza del diritto a pensione in presenza di una situazione di incompatibilità tra prestazioni (articolo 3 ter del Dl 850/1976 e articolo 3, comma 10, del Dl 173/1988). In sostanza, con la seconda opzione, il pensionato avrebbe potuto opporre alle richieste dell'istituto l’irripetibilità di somme incamerate precedentemente alla data di accertamento della carenza di requisiti per il riconoscimento della provvidenza (tutela dell'affidamento), cosa che invece non sarebbe stata possibile in base alla normativa sull'indebito oggettivo generale prevista dal codice civile.

Ebbene, secondo la Corte, in tema di ripetibilità delle prestazioni assistenziali indebite in difetto di una specifica disciplina trovano applicazione le norme dell'indebito assistenziale che fanno riferimento alla mancanza di requisiti di legge e che consentono la revoca delle prestazioni in caso di insussistenza dei requisiti senza tuttavia recupero delle somme già corrisposte al pensionato. Tuttavia, secondo la pronuncia della sezione lavoro, nel caso di specie siamo di fronte a un'ipotesi di incompatibilità tra due trattamenti pensionistici. Non è un caso di mancanza originaria o sopravvenuta di uno dei requisiti previsti dalla legge per il riconoscimento del diritto a pensione, quanto di una situazione patologica di incompatibilità che non attiene alla nascita del diritto ma solo alla contemporanea possibilità di erogare entrambe le prestazioni.

In altre parole, non sono in discussione i requisiti per l'insorgenza di entrambe le prestazioni, ma la loro contemporanea esigibilità, per l'intervento di un elemento esterno rappresentato dalla contemporanea sussistenza di una prestazione incompatibile. Per tale motivo non ha senso l'applicazione della normativa sull'indebito che attiene al venir meno di un requisito formativo della prestazione, e si applica la disciplina generale che impone la restituzione di somme non dovute perché corrisposte in assenza delle necessarie condizioni di erogabilità. E non vi sono situazioni che possano giustificare un particolare favore nei confronti del pensionato, in quanto comunque egli conserva il diritto a una delle due prestazioni, senza che tale diritto possa essere compromesso dalla contemporanea presenza dell'altra prestazione. E questo vale anche, e soprattutto, con riferimento alla tutela dell'affidamento sulla liceità dell'erogazione dei ratei.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©