Impugnativa del licenziamento e criteri di scelta
Secondo quanto disposto dall’art. 6, c. 1, L. 604/1966, “il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso”. In virtù di quanto sopra, attenendoci al tenore letterale della norma, si ritiene che, nella fattispecie in esame, il termine per l’impugnazione del licenziamento decorra dal momento in cui il lavoratore ha ricevuto la relativa comunicazione dopo il fallito tentativo di conciliazione. Per ciò che concerne, invece, il secondo quesito, si osserva che, nell’ipotesi di licenziamento per GMO determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, nel cui ambito siano coinvolti anche lavoratori con contratto di apprendistato, il giudice non può sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà d’iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., sempre che risulti l’effettività e la non pretestuosità del riassetto organizzativo operato (Cass. n. 25874/2014, Cass. n. 24235/2010; Cass. n. 12242/2015). Di conseguenza, nulla vieta che l’apprendista sia legittimamente destinatario di un licenziamento per ragioni oggettive, individuale o collettivo, ma è necessario che le esigenze di carattere oggettivo poste a giustificazione del licenziamento siano vagliate con particolare rigore, anche in termini di coerenza e di effettività della scelta secondo i criteri della correttezza e della buona fede.
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