Contrattazione

Disoccupati ai minimi ma crescono gli inattivi

di Claudio Tucci

Ad agosto il tasso di disoccupazione è sceso al 9,5%, il valore più basso da novembre 2011. In numeri assoluti, rispetto a luglio, l’Istat ha conteggiato 87mila persone in meno che cercano un impiego. L’occupazione, tuttavia, sempre ad agosto, è rimasta stabile (per la precisione, ha subito un calo di mille posizioni, nel confronto congiunturale); a differenza, invece, del numero di inattivi che, nello stesso periodo, ha segnato un rialzo di ben 73mila unità (i disoccupati in meno, quindi, non si sono trasformati in nuovi occupati, ma in persone che hanno smesso di cercare un impiego, una spia rossa visto il debutto, da aprile, del reddito di cittadinanza che, al contrario, avrebbe dovuto portare, specie nei mesi di avvio, a una crescita fisiologica della disoccupazione dovuta a una maggiore partecipazione al mercato del lavoro).

A livello internazionale, l’Italia resta agli ultimi posti: nell’area euro il tasso di disoccupazione è sceso al 7,4%; peggio di noi solo Spagna (13,8%) e Grecia (17%), ai primi posti la Germania stabile al 3,1%.

Va un po’ meglio sull’anno: gli occupati sono registrati in crescita di 140mila unità, i disoccupati sono in contrazione di 186mila posizioni, e anche gli inattivi si sono ridotti di 64mila unità. Il quadro tendenziale è rimasto positivo, seppur in riduzione, per via delle discrete performance del mercato del lavoro nei primi cinque mesi dell’anno. Ma da giugno la situazione è in peggioramento, riflettendo l’andamento economico in frenata.

Va anche detto che i 140mila occupati in più sull’anno sono quasi tutti over50. In questa fascia d’età senior, infatti, l’occupazione è cresciuta di 287mila unità. A differenza invece della fascia mediana della forza lavoro, vale a dire i 35-49enni, che hanno perso, nei 12 mesi, ben 222mila occupati (qui pesano crisi e ristrutturazioni aziendali ancora in corso). In un anno l’occupazione a termine è scesa di 30mila unità. In questo caso a pesare sono state le regole restrittive introdotte esattamente un anno fa dal decreto dignità. Certo, l’occupazione stabile, sempre nel tendenziale, è salita (+199mila contratti a tempo indeterminato) essenzialmente per effetto delle stabilizzazioni. Performance positive, ma che, al momento, sono riuscite a compensare il turn over e i mancati rinnovi dei contratti temporanei, visto che l’occupazione complessiva è ferma al palo.

Per i giovani il quadro è in chiaro-scuro: il tasso di disoccupazione giovanile è sceso al 27,1%, il dato migliore da agosto 2010 (restiamo comunque terzultimi dopo Spagna e Grecia, e lontanissimi dalla Germania dove il tasso di under25 senza un impiego è al 5,7%, grazie al sistema di formazione duale, che da noi stiamo smantellando). Anche tra i giovani i posti di lavoro non sono saliti. Anzi. In un mese gli under25 hanno perso 23mila occupati; e, sempre su base congiunturale, gli inattivi sono aumentati di 59mila unità.

Il governo vede il bicchiere mezzo pieno. Per il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, «il calo della disoccupazione è ormai un trend consolidato – ha detto –. Dobbiamo ancora operare con maggior forza su giovani e inattivi, e sulla qualità del lavoro».I sindacati sono cauti: «C’è qualche segnale positivo, ma anche tante criticità», hanno sottolineato. Per gli esperti i dati mostrano più ombre che luci. «Il reddito di cittadinanza, per ora, non sta portando a una maggiore attivazione – ha commentato l’economista Marco Leonardi (Statale di Milano) –. Se prevarrà l’aspetto assistenziale della misura, si rischia di buttare via politiche attive e lotta alla povertà; e l’Italia non può certo permetterselo».

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