Adempimenti

«Le scelte delle Casse non possono prescindere dal rendimento»

di Federica Micardi

Gli investimenti delle Casse di previdenza dei professionisti, anche se fatti nell’economia reale, non possono prescindere dal rendimento. È quanto afferma il presidente dell’Adepp, l’associazione che rappresenta gli enti di previdenza dei professionisti, Alberto Oliveti, a commento dell’articolo pubblicato ieri sul Sole 24 Ore a firma di Franco Bassanini.

«Se mi si parla di infrastrutture sociali e ambientali, come scuole, asili ed acquedotti - commenta Oliveti - è evidente che la redditività è bassa se non nulla, mentre noi dobbiamo pensare a far rendere il nostro patrimonio».

Oliveti non è contrario ad un partenariato tra pubblico e privato, anche se fino ad oggi i tentativi fatti non hanno funzionato, e apprezza anche l’idea di una garanzia sull’investimento ma, sottolinea «non possiamo privarci di risorse senza un’adeguata aspettativa di redditività». Le Casse sono disponibile ad investire in infrastrutture; «il discorso diventa interessante - spiega Oliveti - se si parla per esempio di una concessione a tariffa regolamentata».

Nunzio Luciano, presidente di Cassa forense, chiede che gli enti di previdenza vengano coinvolti anche nella fase progettuale: «Vorremmo fare parte di un progetto condiviso, fin dalle fasi preliminari, e poter dare il nostro contributo - afferma - è poi necessario avere un interlocutore unico, perché serve sapere con chi ci si deve confrontare». Fino ad oggi, invece, le proposte sono arrivate dall’alto, e infatti gli investimenti in economia reale non sono aumentati in questi anni nonostante i tentativi fatti dagli ultimi governi.

«La partecipazione degli enti di previdenza negli investimenti - ricorda Luciano - è una leva importante per attirare capitali stranieri come già accade negli altri Paesi».

Il rischio di una collaborazione stretta con il settore pubblico per gli enti è quello di dover costantemente difendere la propria autonomia decisionale. Non a caso il presidente della Cassa dei dottori commercialisti Walter Anedda sottolinea che le Casse devono essere libere di decidere se e quanto investire. «La proposta di una garanzia anche del 100% sull’investimento - commenta Anedda - è una conditio sine qua non, ma non può limitarsi al solo capitale, deve essere riconosciuta anche una garanzia sul rendimento». Anedda rilancia l’idea di una garanzia attraverso una defiscalizzazione successiva su altri rendimenti se l’investimento in economia reale dovesse rivelarsi a redditività nulla. «In questo modo - spiega Anedda - non si genera un costo e l’eventuale minor gettito viene spostato nel medio o lungo periodo».

Bassanini nel suo articolo attribuisce lo scarso appeal agli investimenti nostrani ai vincoli regolamentari (si pensi al Codice degli appalti) e alla difficoltà di trovare “buoni progetti” con un accettabile rapporto fra rischio e rendimento. «La progettazione strategica - afferma Anedda - dovrebbe avere una corsia preferenziale altrimenti non si va da nessuna parte». L’emanando Regolamento sugli investimenti (di cui si parla dal 2011), in questo scenario rischia di porre ulteriori vincoli

Nonostante le “difficoltà”, gli investimenti domestici - soprattutto immobili e titoli di Stato - delle Casse nel 2018 sono stati di 35 miliardi di euro (il 40,2% dell’attività), e si è cercato quando possibile di fare investimenti affini all’attività degli iscritti. Una tendenza che va aumentando. È di pochi giorni fa la comunicazione dell’Enpaia, la Cassa di previdenza dei lavoratori in agricoltura, di investire il prossimo anno 180 milioni in economia reale. «Abbiamo già investito in Azimut - racconta il Direttore di Enpaia Roberto Diacetti – 26,5 milioni nel fondo Finance for food e stiamo ragionando con Cassa depositi e prestiti per altri investimenti nel sistema Paese; per incentivare il mondo delle Casse però servirebbero importanti misure di defiscalizzazione, da coniugare con la redditività e il rischio». Gli enti di previdenza vengono trattati fiscalmente come un qualsiasi investitore speculativo e sui rendimenti ottenuti versano un’imposta del 26% (tema sollevato di recente da alcune mozioni attualmente in discussione alla Camera). Nel 2018 le Casse hanno speso in welfare per i professionisti 500 milioni di euro, la stessa cifra è stata versata per le tasse.

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