Rapporti di lavoro

Dubbi sullo 0,5% per l’intermittente a termine

di Matteo Prioschi

Dubbi sull'applicabilità della maggiorazione dello 0,5% del contributo Naspi ai contratti intermittenti a termine. Secondo la Fondazione studi dei consulenti del lavoro l'incremento dell'aliquota introdotto dal Dl 87/2018 a fronte del rinnovo di un contratto a tempo determinato, non si applica ai contratti intermittenti, mentre secondo altre letture delle norme, la maggiorazione è dovuta. Lo stesso Inps non ha dato indicazioni esplicite nella circolare 121/2019 e, secondo quanto affermato dalla Fondazione studi nell'approfondimento del 10 ottobre, ha chiesto un chiarimento al ministero del Lavoro.

Una prima lettura del quadro normativo fa prevalere il fatto che lo 0,5% è una maggiorazione dell'aliquota dell'1,4% applicabile ai contratti a termine. Ne consegue che nei casi in cui vige l'1,4%, a fronte di un rinnovo, tale onere è aumentato di 0,5 punti percentuali e così via per i rinnovi seguenti (si veda il quotidiano del lavoro del 2 e dell'8 ottobre).

A conforto di questa interpretazione c'è l'interpello 15/2013 del ministero del Lavoro, secondo cui il contributo dell'1,4% «risulta applicabile, ad esempio, nei confronti dei datori di lavoro che assumono con contratto a termine ex Dlgs 368/2001, con contratto di lavoro intermittente a tempo determinato, nonché mediante somministrazione di lavoro a termine». E ancora, in via più generale, il versamento del contributo vale per «qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro subordinato rispetto alla quale è individuata la data di cessazione del rapporto stesso».

Ma all'interpello 15/2013 fa riferimento anche la Fondazione studi per arrivare a una conclusione differente. Nell'approfondimento pubblicato ieri, si sottolinea la differenza per cui il contributo dell'1,4% si applica ai rapporti di lavoro subordinato «non a tempo indeterminato», mentre la maggiorazione dello 0,5% scatta «in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione».

Le due maggiorazioni seguirebbero quindi strade differenti, con lo 0,5% riferito solo al contratto a tempo determinato. E, per la Fondazione, in base all'interpello 15/2013, il contratto intermittente a tempo determinato è un contratto non indeterminato e quindi ad esso si applica l'1,4%; è si legge nell'approfondimento «fattispecie contrattuale speciale autonoma che non può essere ricondotta nel contratto a tempo determinato, rispetto al quale mantiene una completa indipendenza normativa». Inoltre il rinnovo di tale contratto a termine ha una natura giuridica differente da quello a tempo determinato «essendo il rinnovo del tempo determinato ontologicamente speciale, prevedendo le causali e, come tale, non estensibile in via analogica ad altre fattispecie».

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