Adempimenti

Chiamata al contagocce per 704mila candidati

di Claudio Tucci

Con quattro mesi di ritardo sono partite ieri, a macchia di leopardo in tutta Italia, le primissime convocazioni dei percettori del reddito di cittadinanza avviabili al cosiddetto “patto per il lavoro”. Il primo contatto da parte dei Centri per l’impiego (Cpi), da Palermo a Milano, serve essenzialmente a verificare che i soggetti coinvolti - l’elenco iniziale con i nominativi è stato comunicato nei giorni scorsi da Inps e ministero del Lavoro - debbano effettivamente essere inseriti nel percorso di politica attiva (senza cioè che ci siano casi di esonero o esclusione).

Le liste di “occupabili” contano, in questa prima fase, oltre 704mila soggetti (il 64,7% concentrati in quattro regioni meridionali Sicilia, Calabria, Campania, Puglia). In base al nuovo timing, concordato prima di Ferragosto tra Anpal e regioni, i centri per l’impiego hanno 30 giorni di tempo, da ieri, per convocare i soggetti interessati (in base alla legge invece i 30 giorni dovevano scattare dal ricevimento della card: si pensi che i primissimi nuclei percepiscono il reddito di cittadinanza da aprile).

I Cpi, in attesa del decollo del sistema informativo unitario (ancora in fase di implementazione), possono utilizzare qualsiasi “modalità” di chiamata, quindi anche sms o mail. Chi non ha fornito la mail, riceverà una telefonata e gli sarà chiesto di indicare un indirizzo di posta elettronica. In caso di mancata presentazione, bisognerà giustificare, in assenza si informerà subito l’Inps. I primi colloqui nei Cpi partiranno il 9 settembre. Entro metà dicembre dovrebbe concludersi questa prima fase di convocazioni con l’effettiva presa in carico delle persone da parte degli operatori pubblici (in base all’attuale normativa è “avviabile” al lavoro non solo l’intestatario del reddito, ma anche tutti i maggiorenni della famiglia non occupati o che non frequentano un regolare corso di studi). Per i nuovi nominativi di “occupabili”, che verranno comunicati più avanti, si dovrebbe riprendere con il nuovo anno (gennaio-febbraio).

Fin qui regole e tempi. E il condizionale che rimane d’obbligo. Ieri infatti le prime chiamate sono arrivate a una minima fetta degli oltre 704mila percettori del reddito di cittadinanza: certo, un po’ ovunque si è partiti con un calendario scaglionato; ma in diversi territori, specie da Roma in giù, ci vorranno settimane per smaltire il contingente di soggetti assegnato, vista la carenza di operatori (il piano di rafforzamento dei Cpi è in via di completamento). In Campania, poi, prosegue lo stand-by sulla sorte dei 471 navigator che hanno superato la selezione: per la firma dei loro contratti è necessaria la sottoscrizione dell’apposita convenzione con Anpal Servizi; in assenza, per questi soggetti, è impossibile operare presso i Cpi (a siglare l’intesa manca solo la regione guidata da Vincenzo De Luca:  la Campania, peraltro, con 178.370 persone, è la prima per numero di beneficiari di Rdc avviabili a un impiego).

A livello territoriale l’avvio ieri della “fase 2” del reddito di cittadinanza ha confermato le solite luci e ombre: in Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Lazio, i sistemi regionali sono partiti subito spediti; nelle regioni del Sud invece si sono registrate maggiori difficoltà (in Sicilia, ad esempio, non è chiara la ripartizione dei navigator nei Cpi).

Per il raggiungimento dell’obiettivo, comune, ovvero la conquista di un impiego, ci vorrà comunque tempo. Intanto, le prime risposte delle aziende sono piuttosto tiepide nonostante l’incentivo previsto per le assunzioni. In pochissime, finora, hanno bussato alle porte dei Cpi; e anche le pubblicazioni delle “vacancies”, cioè dei posti disponibili, sul sito Anpal (MyAnpal) procede a rilento.

A pesare è anche la solita “burocrazia”. A oggi, infatti, manca lo schema di patto per il lavoro, con la conseguenza che tutti gli schemi attualmente compilati andranno poi aggiornati. Da rendere operativo è pure il percorso di inserimento occupazionale, una volta preso in carico il disoccupato. Ciò non è necessario per quelle regioni, come, ad esempio, la Lombardia, che hanno già aperto la “Dote unica lavoro” ai percettori del reddito di cittadinanza.

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