Contenzioso

Avvocati, limite di 2 mandati contro i «gruppi di potere»

di Giovanni Negri

Una competizione in condizioni di uguaglianza. Con regole che permettano il ricambio tra gli eletti. La Corte costituzionale ha depositato ieri le motivazioni, anticipate quanto alla conclusione in un comunicato di qualche settimana fa, con le quali sono state respinte le questioni di legittimità sollevate dal Consiglio nazionale forense (Cnf) sul limite di due mandati consecutivi per potere essere candidati alle elezioni degli Ordini circondariali.

La sentenza, la n. 173 scritta da Mario Rosario Morelli, parte da un presupposto, che potrebbe anche aprire a qualche perplessità sulla composizione d’attuale Cnf, e cioè che la previsione di un limite ai mandati che possono essere svolti consecutivamente è di ampia applicazione per le cariche pubbliche. E il riferimento è ai consiglieri del Csm o del Notariato, ma anche agli stessi componenti del Cnf, accedendo quindi a una lettura che fa dei paletti al numero di candidature consecutive anche di questi ultimi un dato acquisito, ma che in realtà così acquisito non è.

Detto questo, la pronuncia ricorda che il principio ha portata più generale nel contesto degli ordinamenti professionali, dai dottori commercialisti agli psicologi passando per biologi e ingegneri.

Inoltre, il divieto del terzo mandato consecutivo (divieto comunque solo temporaneo visto che inseguito sarà possibile tornare a presentarsi alle elezioni) ha come obiettivo quello di valorizzare le condizioni di eguaglianza che l’articolo 51 della Costituzione mette alla base dell’accesso «alle cariche elettive».

Uguaglianza che, nella lettura della Corte, sarebbe evidentemente compromessa da una competizione che potrebbe essere influenzata «da coloro che ricoprono da due (o più mandati) consecutivi la carica per la quale si concorre e che abbiano così potuto consolidare un forte legame con una parte dell’elettorato, connotato da tratti peculiari di prossimità».

Ancora, il limite favorisce il fisiologico ricambio all’interno dei Consigli dell’ordine, «immettendo “forze fresche” nel meccanismo rappresentativo (nella prospettiva di assicurare l’ampliamento e la maggiore fluidità dell’elettorato passivo), e – per altro verso – blocca l’emersione di forme di cristallizzazione della rappresentanza». Passaggio che la sentenza considera coerente con il principio del buon andamento della amministrazione, anche nelle sue declinazioni di imparzialità e trasparenza, «riferito agli ordini forensi, e a tutela altresì di valori di autorevolezza di una professione oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore».

Insomma, il temporaneo stop punta a evitare la «cristallizzazione di gruppi di potere interni all’avvocatura (...) mediante il ricambio delle cariche elettive e la conseguente salvaguardia della parità delle voci dell’avvocatura».

sentenza 173/2019

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