Bandi in ritardo e contenzioso, sul mercato è rischio-subappalto
Stazioni appaltanti che potrebbero decidere di rimandare l’avvio di gare. Imprese che avranno una via facile per impugnare i bandi. E una generale situazione di incertezza, che potrebbe frenare il mercato. In attesa di un intervento da parte del Governo che, a questo punto, è urgente.
Nei giorni scorsi ha avuto risalto la decisione con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa C-63/18 ha affermato l’incompatibilità con le previsioni del diritto eurounitario dei limiti quantitativi al subappalto imposti dal nostro Codice all’articolo 105 (il Dlgs 50/2016).
La Commissione europea aveva già inviato una lettera di messa in mora all’Italia nel gennaio del 2019 contestando, tra le altre cose, il non corretto recepimento delle direttive europee del 2014 proprio con riferimento alla disciplina nazionale sul subappalto. Ora la Corte di Giustizia ha chiarito che l’imposizione in via generale e astratta di un limite alla prestazioni subappaltabili non può essere ragionevolmente giustificata sulla base del fatto che tale restrizione sarebbe un necessario strumento per contrastare la criminalità organizzata. Questo obiettivo può essere raggiunto con altre misure.
In attesa di un adeguamento del Codice - essenziale per dare a tutti regole certe - ci si chiede come dovranno comportarsi le stazioni appaltanti. Il principio del primato del diritto comunitario imporrebbe di disapplicare l’articolo 105 e quindi di liberalizzare il subappalto. Tuttavia non è difficile immaginare che, in una situazione di incertezza quale quella attuale, alcune stazioni appaltanti possano continuare ad applicare il Codice e quindi a limitare la percentuale subappaltabile, magari in attesa che intervengano le prime decisioni dei giudici amministrativi, se non anche l’Anac, il Governo o il Consiglio di Stato. Oppure alcune stazioni appaltanti potrebbero decidere di attendere regole più chiare prima di lanciare le prossime gare, con inevitabili rallentamenti.
Probabile è anche un incremento del contenzioso. Infatti, quegli operatori che non potranno partecipare alle gare per carenza dei requisiti di ammissione, non potendo ricorrere al subappalto sopra la soglia del 40% - caso non infrequente -, saranno costretti ad impugnare da subito il bando per non incorrere in decadenze processuali. Il bando con le sue previsioni, in quanto atto amministrativo e non normativo, non potrebbe essere disapplicato dal giudice, ma dovrebbe essere annullato, essendo il nostro sistema di giustizia amministrativa imperniato sulla regola dell’impugnabilità dei provvedimenti lesivi.
Decorso il termine per impugnare la clausola del bando lesiva della direttiva, questa clausola però rimarrebbe efficace e vincolante per i concorrenti e per la stazione appaltante, a meno che le stazioni appaltanti non decidano di intervenire in autotutela, annullando la previsione illegittima.
Il rischio quindi che, in tale sistema, le clausole anti-comunitarie in tema di subappalto contenute nei bandi possano comunque resistere non è trascurabile. Rischio tanto più concreto con riferimento alle gare già pendenti, in cui i termini per impugnare il bando siano già decorsi e pertanto un eventuale ricorso dinnanzi al giudice amministrativo sarebbe tardivo.
In questo contesto si possono immaginare rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia quale ultimo baluardo del diritto comunitario o, da parte di qualche giudice, più coraggioso casi di applicazione della rimessione in termini per errore scusabile in considerazione del quadro di incertezza normativa esistente, oltre che, magari, di indicazioni equivoche e non chiare da parte delle stazioni appaltanti.
Ancora una volta il tema della certezza delle regole e dell’effettività della tutela giuridica sono posti in primo piano nel settore degli appalti pubblici ed il ruolo della giustizia amministrativa sarà fondamentale.