Appalto e contratto a termine
La cessazione dell’appalto incide sul rapporto tra committente ed appaltatore e, di conseguenza, sui rapporti di lavoro stipulati dall’appaltatore per far fronte all’appalto medesimo. La maggioranza della dottrina ritiene la cessazione dell’appalto idonea a costituire una causa di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In proposito il Ministero del lavoro, con interpello 22/2012, ha precisato che i licenziamenti comunicati a causa della cessazione di un appalto, qualunque sia il loro numero, sono radicalmente esclusi dall’area di applicazione della disciplina dei licenziamenti per riduzione del personale dettata dalla L. n. 223/1991 considerandoli, invece, come licenziamenti individuali plurimi per giustificato motivo oggettivo. Una volta ammessa la possibilità del licenziamento per g.m.o. in conseguenza della cessazione dell’appalto, si richiamano anche le relative regole circa la valutazione delle esigenze aziendali che giustificano la soppressione del posto di lavoro (restano escluse le valutazioni tecnico-organizzative, rimesse all’imprenditore ). Quindi, in primo luogo, l’obbligo del datore di provare la inesistenza di altre posizioni lavorative utili all'interno dell'azienda, anche inferiori, nelle quali impiegare il lavoratore (obbligo di repêchage). Nel caso l’appalto cessato sia assunto da altro appaltatore, è consigliabile verificare la presenza nel contratto collettivo di riferimento delle clausole cd. “sociali” o di “assorbimento” che obbligano l’appaltatore subentrante ad assumere il personale occupato nell’appalto alle dipendenze del precedente appaltatore (una clausola del genere è prevista dal CCNL Pulizie vigente all’articolo 4).