Rapporti di lavoro

Imprese trasferite in procedure concorsuali non liquidatorie, il Tfr è esigibile al momento del trasferimento

di Antonio Carlo Scacco

In caso di trasferimento di aziende poste in amministrazione straordinaria con continuazione dell'esercizio di impresa, nonché di aziende per le quali sia stata aperta una procedura di concordato preventivo, il Tfr maturato dal lavoratore nei confronti del cedente deve considerarsi esigibile al momento del trasferimento: è la importante precisazione contenuta nel messaggio Inps 2272 del 14 giugno, dedicato ai casi di intervento del Fondo di garanzia nelle ipotesi di trasferimento di azienda.

La nota dell'Istituto, nel recepire la recente giurisprudenza di legittimità e le ultime novità legislative, ricorda che, nel caso di trasferimenti nei quali sono parti aziende assoggettate a procedure concorsuali, l'articolo 47 della legge 428/1990 consente di derogare, totalmente o parzialmente, alle tutele stabilite in proposito dall'articolo 2112 del codice civile (continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario e conservazione di tutti i diritti maturati).

Più in particolare la deroga è totale in caso di imprese dichiarate fallite o in liquidazione coatta amministrativa, ovvero nelle imprese con omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, e imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria, sempre che la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata (comma 5 dell'articolo 47). La deroga è invece parziale nelle ipotesi di trasferimento attuato da aziende poste in amministrazione straordinaria con continuazione dell'esercizio di impresa, nonché da aziende per le quali sia stata aperta una procedura di concordato preventivo (comma 4, lettera 4-bis, a e b). In queste ultime fattispecie le tutele previste dall'articolo 2112 del codice civile si applicano solo nei termini e con le limitazioni previste dall'accordo preliminare.

Questa situazione, come rileva la nota, ha prodotto delle distorsioni non da poco. Non è infrequente, infatti, che negli accordi si preveda il passaggio dei lavoratori dal cedente al cessionario senza soluzione di continuità nonché la deroga alla responsabilità solidale per i crediti di lavoro esistenti all'atto del trasferimento. Mancando quindi la cessazione del rapporto di lavoro manca, in base all'articolo 2120 del codice civile, sia la possibilità di esigere il Tfr maturato (non c'è la cessazione del rapporto, condizione per la esigibilità del Tfr) sia la responsabilità solidale in capo al cessionario. Ecco perché anche in tali casi l'Inps ritiene esigibile nei confronti del cedente il Tfr maturato al momento del trasferimento con conseguente intervento del Fondo di garanzia (come già accade, peraltro, nelle altre ipotesi contemplate dal citato comma 5).

La soluzione prospettata dall'Inps è in linea sia con il codice della crisi di impresa (almeno in via analogica), sia con la direttiva 2001/23/Ce, secondo cui nel caso di trasferimento d'azienda attuato da impresa insolvente (anche assoggettata a procedura non liquidatoria, quindi anche nel caso di amministrazione straordinaria con continuazione o concordato preventivo), i crediti vantati nei confronti del cedente non siano trasferiti al cessionario purché la procedura concorsuale dia titolo a garanzie equivalenti a quelle previste dalla stessa direttiva.

Nel messaggio si prende in considerazione anche l'intervento del Fondo di garanzia in ipotesi di trasferimento di azienda cedente in bonis, confermando la precedente prassi (circolare Inps 74/2008). In tale evenienza, pertanto, il Fondo di garanzia può intervenire per l'intero importo maturato ma soltanto in caso di insolvenza del datore di lavoro cessionario, anche ove il lavoratore abbia rinunciato a tale solidarietà con accordo privato.

Nel caso di affitto della azienda del fallito, l'Inps chiarisce che, in soluzione di continuità rispetto al passato, il Tfr può essere considerato esigibile al momento del trasferimento (non più alla scadenza dell'affitto).

Ulteriore ipotesi è quella di fallimento di una delle parti (cedente o cessionario) nel corso dell'esecuzione di un contratto di affitto d'azienda stipulato quando le imprese erano in bonis. In tal caso la legge fallimentare dispone che, non essendo il fallimento di uno dei contraenti causa di scioglimento del contratto, quest'ultimo prosegue, salva la possibilità di recedere entro 60 giorni. Pertanto, non verificandosi la automatica retrocessione dei lavoratori passati alle dipendenze del cessionario, le domande di liquidazione del Tfr non sono accoglibili. Inoltre, conformemente a quanto stabilito dalla giurisprudenza e dal Codice della crisi d'impresa, l'eventuale retrocessione dell'azienda al fallimento non comporta l'assunzione dei debiti maturati durante l'affitto. Infine, precisa la nota, eventuali richieste di riesame dovranno essere decise alla luce delle indicazioni sopra vedute.

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