Contrattazione

Salario minimo, intesa vicina Conte: priorità al taglio del cuneo

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di Claudio Tucci

«Sono contento che in queste ore si sia raggiunto un accordo di maggioranza» sul salario minimo. Le parole, pronunciate ieri in mattinata, sono di Luigi Di Maio; il vice premier e ministro del Lavoro ha ribadito come, in Italia, «esista un problema di working poor» e come, quindi, «non sia più accettabile che ci siano cittadini pagati due o tre ore l’ora». A stretto di giro è arrivata anche la dichiarazione del sottosegretario al Lavoro, il leghista, Claudio Durigon, che ha messo subito un paletto all’intesa con il M5S: «Stiamo lavorando e abbiamo buttato giù alcune idee », ha spiegato Durigon, precisando, tuttavia, che l’accordo sul salario minimo «c’è, se sarà a costo zero per le imprese. L’Italia, del resto, ha già il più alto costo del lavoro e non possiamo gravare ancora soprattutto sulle piccole e medie imprese».

Fuori dalla dialettica politica, la strada per il ddl Catalfo, che introduce, ex lege e in modo generalizzato, un salario minimo orario di 9 euro lordi l’ora, sembra tracciata, e dovrebbe portare a “una ripartenza” del provvedimento (a oggi infatti il testo è fermo in Senato proprio per la freddezza mostrata dal Carroccio).

Così come, dall’altro lato della medaglia, prenderebbe sempre più quota l’intervento sul cuneo fiscale. Che, per ora, proprio in virtù della trattativa Lega-M5S, partirebbe con una prima misura per sterilizzare l’aggravio di oneri a carico delle aziende dovuto all’introduzione del salario minimo (si veda IlSole24Ore di ieri). A non escludere, del resto, un intervento sul costo del lavoro dal raggio d’azione decisamente più ampio è stato ieri il premier, Giuseppe Conte, che ha indicato, come priorità in vista della manovra d’autunno, una «congrua riduzione del cuneo fiscale» (da tempo il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, incalza l’esecutivo proprio a realizzare un intervento di peso sul costo del lavoro in primis per favorire l’inclusione dei giovani).

Del resto, sul salario minimo, da giorni c’è un lavorio sotto traccia tra Lega e M5S nel tentativo di arrivare a una quadra sul provvedimento. A testimoniarlo c’è la discussione su una serie di dettagli tecnici della proposta. Un possibile punto di intesa all’interno della maggioranza, raccontano fonti vicine al dossier, sarebbe stato raggiunto: nei 9 euro l’ora entrerebbe anche la tredicesima; mentre si starebbe ancora discutendo se inserire altri elementi retributivi, per esempio il Tfr.

Le imprese premono affinché nei 9 euro siano compresi anche gli elementi retributivi indiretti e/o differiti (ad esempio, ferie, mensilità aggiuntive, Tfr) per evitare possibili effetti spiazzamento rispetto ai Ccnl; e, più in generale, insistono per valorizzare il sistema della contrattazione collettiva espressione delle organizzazioni maggiormente rappresentative (in chiave anti-dumping).

L’ipotesi di riduzione del cuneo legata alla sterilizzazione del salario minimo sarà al centro dei prossimi tavoli tecnici per gli approfondimenti. Nel frattempo si fanno i primi conti. Un punto di cuneo in meno su tutti i lavoratori avrebbe un costo per l’Erario di 3,2 miliardi. L’importo scenderebbe in caso di interventi selettivi, ma che, per essere fatti - viene ripetuto - è necessario che si rispettino le normative Ue.

Attualmente, considerando i 9 euro lordi l’ora previsti dal ddl Catalfo, la misura, secondo le stime dell’Inapp, comporterebbe un maggior costo del lavoro in capo ai datori pari a 6,7 miliardi di euro. L’intervento riguarderebbe infatti 2,6 milioni di lavoratori dipendenti privati, a esclusione di agricoltura e lavoro domestico. Comprendendo anche questi due settori - che la norma tuttavia esclude - il costo per le aziende, secondo l’Inps, salirebbe a 9,7 miliardi per il 28% dei lavoratori.

Il punto, ha spiegato Durigon, è che oltre il 90% di questi costi rischierebbe di gravare «su artigiani e piccoli imprenditori. Ecco perché - ha poi chiosato il sottosegretario del Carroccio - non è ipotizzabile penalizzare ulteriormente le aziende che invece hanno bisogno di incentivi per rilanciarsi».

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