Lavoro a rischio e prolungamento della maternità
L’art. 17, comma 1, D.Lgs. n. 151/2001 dispone che il congedo di maternità è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli. In attesa di definizione dei lavori a rischio tramite decreto ministeriale l'anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio. Il successivo comma 2 consente alla DTL e all’ASL di disporre, su richiesta del datore di lavoro o della lavoratrice, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino a sette mesi dopo il parto se le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino e quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni. Il congedo parentale può essere chiesto alle condizioni previste dall’art. 32, D.Lgs. n. 151/2001. La lavoratrice deve preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo. Il congedo parentale è un vero e proprio diritto della lavoratrice, ma va contemperato con le esigenze del datore di lavoro (Trib. Trieste – Ord. 25.07.2007). L’art. 55, D.Lgs. n. 151/2001 dispone, invece, che la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro. Dal quesito ci sembra di capire che la lavoratrice non abbia già fatto convalidare le dimissioni e non abbia ancora presentato domanda per il congedo parentale all’INPS per l’intero periodo degli ulteriori quattro mesi. Se vi è, dunque, la possibilità che la lavoratrice possa ripensarci e tornare al lavoro e qualora il datore di lavoro ritenga che in base al documento di valutazione dei rischi le condizioni di lavoro siano pregiudizievoli alla salute è consigliabile presentare l’istanza di prolungamento del congedo di maternità alla DTL. Se, invece, il congedo parentale è già stato richiesto all’INPS ed è pari o superiore ai quattro mesi dopo il termine del periodo di astensione obbligatoria e non ci sia ripresa lavorativa (e il datore non intende sindacare la scelta della lavoratrice per contrasti con l’organizzazione aziendale), si ritiene che il datore di lavoro non debba presentare istanza alla DTL.
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