Contenzioso

Patronati, sì all’accesso dei collaboratori alle banche dati previdenziali

di Silvano Imbriaci

Il Consiglio di Stato apre le banche dati degli enti previdenziali anche ai collaboratori volontari dei patronati.

In margine al “Vademecum per lo svolgimento dell'attività di vigilanza sugli Istituti di Patronato e di Assistenza Sociale” rilasciato dal Ministero del Lavoro nell'agosto 2015, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2798 del 2016 si occupa della questione dell'accesso alle banche dati degli enti previdenziali da parte dei collaboratori volontari che operano all'interno dei patronati. Il provvedimento ministeriale, infatti, non consente ai collaboratori volontari di patronato di ottenere la password per l'accesso a queste banche dati, con ciò rendendo effettivamente più difficile l'attività di assistenza. Infatti, l'art. 6 della legge n. 152/2001 (Nuova disciplina per gli istituti di patronato ed assistenza sociale) stabilisce la possibilità per i patronati, nello svolgimento dei loro compiti operativi, di avvalersi esclusivamente di tre tipi di lavoratori o addetti (art. 17): in via ordinaria l'attività è svolta da lavoratori subordinati dipendenti, mentre per determinate attività e in relazione a periodi limitati nel tempo possono poi essere stipulati dei contratti di collaborazione di tipo oneroso. I patronati possono infine avvalersi di collaboratori volontari e a titolo gratuito, previa comunicazione alla Direzione del Lavoro competente per territorio, da impiegarsi esclusivamente per lo svolgimento dei compiti di informazione, di istruzione delle pratiche, di raccolta e di consegna delle pratiche agli assistiti, agli operatori o ai soggetti erogatori delle prestazioni. Pur non essendo dotati di poteri di rappresentanza, i collaboratori volontari svolgono attività determinanti per il regolare funzionamento della struttura, e di una qualche responsabilità anche ai fini della tutela dei soggetti “deboli” che ai patronati si rivolgono. E' vero che rispetto agli operatori di patronato i compiti sono diversi. Questi ultimi infatti (solitamente lavoratori dipendenti degli istituti stessi comunque retribuiti) esprimono la volontà del patronato, sottoscrivono le comunicazioni e le pratiche da inviare agli enti previdenziali e assumono la responsabilità finale verso l'esterno dell'attività compiuta. Tuttavia, l'attività dei collaboratori volontari è determinante allo stesso modo per l'istruzione delle pratiche sulle quali poi dovranno essere prese le decisioni da parte degli operatori di patronato. Per questo al Consiglio di Stato (sulla scorta di quanto ritenuto dal TAR) non è sembrato ragionevole limitare la loro possibilità di accesso ai dati necessari per questo tipo di attività. N

on si giunge ad una equiparazione tra le due figure, o ad una indebita commistione di ruoli, dal momento che l'accesso ai dati degli enti costituisce passaggio necessario per il completamento di quell'attività istruttoria alla quale i volontari sono destinati; e poi occorre comunque ribadire che la responsabilità finale della decisione assunta dal patronato o del documento che ne rappresenta la volontà rimane attribuita all'operatore di patronato (al dipendente retribuito).

Il Consiglio di Stato prende atto della circostanza per cui è proprio tramite l'accesso alle banche dati che è possibile recuperare il divario che separa il soggetto debole o bisognoso di tutela che si rivolge al patronato alla documentazione digitale di riferimento. In tale ottica, far gravare sull'operatore in via esclusiva questa attività significherebbe rendere del tutto evanescente il ruolo dei volontari privandolo del momento più significativo consistente nella effettiva valutazione del problema e acquisizione degli elementi documentali idonei ad inquadrarlo e risolverlo. In questo modo, l'accesso alle banche dati non costituisce più un munus attribuito in via facoltativa, ma un passaggio necessario per assicurare l'attività di assistenza e consulenza di prima linea, solitamente attribuita proprio ai volontari. Nulla, in fondo, cambia rispetto alla gestione esclusivamente documentale delle pratiche, per come era impostata fino a poco tempo fa. Il fatto che l'accesso ora sia possibile direttamente dalla propria postazione (mediante l'utilizzo di password) dimostra solo che sono cambiate le relative modalità, ma è una circostanza che non può tradursi in un ostacolo allo svolgimento effettivo dei compiti del collaboratore volontario (e quindi ad una tutela qualificata a favore dell'assistito).

Peraltro, le obiezioni che potrebbero sorgere in relazione alla tutela della riservatezza dei dati, sono scongiurabili proprio per il fatto gli accessi sono tutti relativi a singole pratiche in corso (per le quali l'assistito ha dato il consenso) e comunque tracciabili (nel senso che non sono ammesse indagini esplorative e relative a situazioni non prese in carico dal patronato). In ogni caso, peraltro, rimane una responsabilità generale in capo al patronato (soggetto a rilevanza istituzionale, sottoposto a sorveglianza e finanziato pubblicamente) anche per la custodia e l'utilizzazione dei dati acquisiti mediante l'accesso.

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