Rapporti di lavoro

Procedure concorsuali: ammortizzatori sociali con accesso limitato e oneri di licenziamento

di Mauro Marrucci

Accesso limitato agli strumenti per il sostegno al reddito da parte delle aziende interessate da procedure concorsuali a partire dal primo gennaio di quest’anno.

L'articolo 2, comma 70, della legge n. 92/2012, ha abrogato, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2016, l'articolo 3 della legge n. 223/1991, venendo meno la possibilità di ricorso alla Cigs in conseguenza dell'ammissione alle procedure concorsuali ivi indicate.
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 24/2015 ha precisato che, successivamente al 31 dicembre 2015, nel caso in cui l'impresa sia sottoposta a procedura concorsuale con continuazione dell'esercizio, potrà fare ricorso ad una delle causali espresse dall'articolo 21 del Dlgs n. 148/2015.
Con la successiva circolare n. 1/2016 il Dicastero ha altresì precisato che le imprese le quali abbiano richiesto la concessione del trattamento di CIGS in forza delle causali d'intervento previste dalla previgente normativa, nonché dall'articolo 21 del D.Lgs. n. 148/2015, e che, in costanza di fruizione dell'ammortizzatore, siano sottoposte a procedura concorsuale con prosecuzione dell'esercizio, al fine di garantire la continuità del sostegno al reddito dei lavoratori, potranno ottenere l'autorizzazione al trattamento in favore dei dipendenti - nel limite del periodo già richiesto - a condizione che gli organi della procedura si impegnino a proseguire e concludere il programma inizialmente presentato.
Nella circostanza in cui non venga dichiarato l'esercizio provvisorio, venendo a decadere la condizione causale di ricorso alla CIGS, l'ammortizzatore non potrà più essere beneficiato durante il decorso della procedura.
La mancata concessione dell'esercizio provvisorio comporta la sospensione dei rapporti di lavoro, che entrano in quiescenza ai sensi dell'articolo 72 L.F., per dare al curatore la possibilità di accertare la situazione aziendale ed assumere compiutamente una decisione volta a soluzioni conservative utili alla ricollocazione aziendale o espulsive.
Per il licenziamento del personale, il curatore dovrà seguire le procedure previste dalla normativa in ragione del numero dei dipendenti occupati dall'azienda.
Ove la dimensione occupazionale dell'azienda sia superiore a 15 dipendenti si dovrà operare un licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223/1991, non individuandosi le condizioni normative per il licenziamento individuale, ancorché plurimo, secondo la procedura di cui all'art. 7 della legge n. 604/1966. La procedura di licenziamento collettivo è infatti obbligatoria anche per il curatore fallimentare di un'impresa che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro o di cessazione dell'attività, intenda effettuare almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni in ciascuna unità produttiva o in più unità produttive della stessa provincia (art. 24, commi 1 e 2, legge n. 223/1991). E' evidente che, anche in tale circostanza, la effettiva risoluzione dei rapporti possa avvenire soltanto una volta esaurita la procedura scandita dal richiamato art. 4 della legge n. 223/1991, con effetto dal giorno della notifica dei licenziamenti, all'atto dei quali dovrà essere liquidata l'indennità sostitutiva del preavviso ai lavoratori.
Del resto, il preavviso è collegato al potere di recesso nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato e ne costituisce un limite interno in quanto, in sua mancanza, il recedente sarebbe tenuto, a norma dell'art. 2118 c.c., a corrispondere all'altra parte una indennità sostitutiva, che ha natura risarcitoria e non retributiva, ancorché sia per legge commisurata alla retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
Ciò anche nella circostanza in cui il rapporto sia cessato a causa del fallimento. In tal caso, Cass. n. 18565/2008 ha precisato che “il diritto all'indennità sostitutiva del preavviso in favore del lavoratore dipendente, il cui rapporto di lavoro si è risolto “ex lege” a seguito della dichiarazione del fallimento dell'impresa, sua datrice di lavoro, senza continuazione con l'amministrazione fallimentare per le esigenze del fallimento, non può essere soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell'art. 111 numero L.F., potendo il relativo credito, che trova la sua unica causale nel rapporto lavorativo, essere soddisfatto invece - in ragione della sua natura di credito privilegiato - nella liquidazione dell'attivo fallimentare come ogni altro credito di lavoro (art. 2751 bis, comma 1 n. 1, c.c.)”. Ad una diversa prospettazione si giungerebbe nella fattispecie in cui il curatore avesse utilizzato le energie del lavoratore in costanza di esercizio provvisorio. Occorre infine non dimenticare che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, in ragione dell'abrogazione dell'art. 3 della legge n. 223/1991, anche per i licenziamenti collettivi è dovuto il contributo di licenziamento di cui all'articolo 2, commi, 31-35, legge n. 92/2012.

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