Disciplina previdenziale assicurativa
Nell’ordinamento italiano i principi che regolano l’obbligo contributivo in caso di prestazione di un’attività lavorativa sono contenuti nell’articolo 37 del Regio decreto legge 4 ottobre 1935, n. 1827, che, in tema di obbligo assicurativo, dispone “le assicurazioni per l’invalidità e per la vecchiaia, salvo le esclusioni stabilite dal presente decreto, sono obbligatorie per le persone di ambo i sessi e di qualsiasi nazionalità che abbiano compiuto l’età di 15 anni e non superata quella di 65 anni e che prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri”. Trattasi del noto principio di territorialità, proprio delle leggi di carattere pubblicistico – che ricomprendono anche quelle in materia previdenziale – diretto a garantire, indipendentemente dalla nazionalità, la tutela del lavoratore che presta la propria attività sul territorio italiano. Il rapporto di previdenza sociale viene automaticamente instaurato sul semplice presupposto dello svolgimento di una attività lavorativa soggetta, ai sensi di legge, ad obbligo assicurativo. Nel campo previdenziale il principio di territorialità trova nelle fattispecie di mobilità transnazionale una propria, completa, fisionomia, diversamente da altri campi, quale quello tributario, soggetto a regole proprie, o quello relativo alla legislazione applicabile al rapporto di lavoro. In linea di principio le disposizioni straniere sulla legislazione applicabile non rilevano, restando delimitate ai confini nazionali, a meno che non siano previste specifiche deroghe al principio di territorialità dell’obbligo assicurativo da parte della normativa dell’Unione europea, degli accordi bilaterali e multilaterali di cui il nostro Paese è parte, e di particolari leggi speciali. Nel caso di specie la mobilità coinvolge due Stati membri dell’Unione europea, per la quale il principio di territorialità dell’obbligo contributivo in campo previdenziale rappresenta uno dei principi cardini, non tanto finalizzato di per sé alla tutela sociale del lavoratore transnazionale, quanto a garantire la libera circolazione delle persone in ambito comunitario. Specifici riferimenti normativi in merito si riscontra nell’articolo 45 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea – che garantisce l’abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità tra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro – e nella legislazione sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri, il cui testo base è rappresentato dal Regolamento (Ce) 29 aprile 2004, n. 883. Il principio di territorialità è consacrato dall’art. 11, comma 3, lettera a) del Reg. (Ce) n. 883 del 2004, ai sensi del quale “una persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro”. Le deroghe a tale principio sono tipizzate e limitate, tra l’altro, ai pubblici dipendenti – che restano soggetti alla legislazione dello Stato membro al quale appartiene l’amministrazione da cui dipendono – a coloro che ricevono un’indennità di disoccupazione ovvero che vengono chiamati o richiamati alle armi o al servizio civile. Ulteriori deroghe sono previste, per un periodo limitato di 24 mesi, per i lavoratori subordinati ed autonomi distaccati all’estero, per coloro che abitualmente esercitano attività subordinate e/o autonome in due o più Stati membri, per i casi eccezionali che rientrano nelle ipotesi regolate dall’articolo 16 del Reg. (Ce) n. 883 del 2004, previo accordo tra le autorità amministrative competenti. Il concetto di distacco comunitario è alquanto ampio, ricomprendendo anche la fattispecie della trasferta. Ne consegue che il lavoratore italiano assunto dalla società maltese che lo impiega abitualmente e inviato in trasferta in Italia debba mantenere la contribuzione a Malta, previa richiesta ed ottenimento del modello A1 relativo alla legislazione applicabile, indipendentemente dalla circostanza che lo stesso lavoratore sia di cittadinanza italiana o residente in Italia. Si osservi che nel nostro ordinamento non è indicato un termine massimo della trasferta. Pur necessariamente temporanea, può essere disposta anche senza la formale indicazione della sua durata. Se nella generalità dei casi considerazioni sull’eventuale legittimità della trasferta sono rimesse alla valutazione degli interpreti, per i dipendenti pubblici il trattamento di missione è limitato ai primi 240 giorni continuativi.