Adempimenti

Più alternanza per gli istituti professionali

di Claudio Tucci

Più alternanza scuola-lavoro (almeno il 50% dell’orario scolastico). Robuste dosi di laboratorio, già a partire dal primo biennio. Percorsi didattici di quattro anni (e non cinque), con una identità “chiara” e “subito pratica”, valorizzando ruolo delle Regioni ed esigenze dei territori (e con la possibilità, per i neo diplomati, di ingresso diretto negli Its, gli istituti tecnici superiori).

Confindustria ha inviato in Parlamento le proprie osservazioni allo schema di Dlgs che riordina l’istruzione professionale dello Stato: «Serve un cambiamento profondo e coraggioso di questo importante segmento formativo - ha spiegato il direttore dell’Area Lavoro, welfare e capitale umano, Pierangelo Albini -. In un mondo in continua evoluzione, e sotto la spinta di Industria 4.0, c’è bisogno che la scuola differenzi l’offerta didattica per formare giovani che sappiano affrontare le nuove sfide, siano essi laureati o diplomati».

Oggi i percorsi professionali del secondo ciclo sono costituiti da due ordinamenti distinti: da un lato, ci sono gli Istituti statali (Ip) della durata di cinque anni, gestiti dal Miur. Dall’altro, c’è l’Istruzione e formazione professionale (Iefp) con percorsi di quattro anni (tre per la qualifica, più uno per il diploma) sotto la cabina di regia delle Regioni. La Iefp interessa circa 135mila studenti, e ottiene ottimi risultati occupazionali; l’Ip coinvolge invece circa 550mila alunni e 60mila docenti, e a causa di un approccio molto teorico e “scolasticistico”, è in grave affanno, con elevatissimi tassi di abbandono (38% nei primi due anni).

Di qui la proposta del governo di una sua riforma: «Che purtroppo però è ancora molto timida - ha incalzato Confindustria -. Il punto è che serve un’istruzione professionale di qualità che garantisca alle imprese un bacino di mestieri e professioni strategiche per l’economia manifatturiera e ai ragazzi competenze spendibili sul lavoro». In quest’ottica il Dlgs all’esame delle Camere è piuttosto carente. Sul piano della didattica, per esempio, conferma un’impostazione per “assi culturali” che non professionalizza, penalizzando le competenze costruite sull’interdisciplinarietà.

Per le imprese, quindi, la strada è puntare su formazione “on the job” e dialogo con i territori per non cannibalizzare i corsi Iefp. «Ragioniamo sull’ armonizzazione degli Ip con l’ offerta regionale - ha risposto il sottosegretario, Gabriele Toccafondi -. Ma bisogna garantire in tutt’Italia percorsi validi per i ragazzi».

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