Contenzioso

Non basta la sussistenza del fatto contestato

di Elsa Mora e Valentina Pomares

In caso di licenziamento disciplinare illegittimo, il Dlgs 23/2015 relega la reintegrazione a ipotesi residuale. In particolare, la nuova disciplina prevede che questa sanzione si applichi solo se la causa posta alla base del licenziamento è insussistente. Negli altri casi, l’unica sanzione applicabile è quella indennitaria.

I licenzimenti disciplinari

Il Tribunale di Milano, in linea con questa impostazione, con una recente sentenza, ha condannato alla sola tutela indennitaria il datore di lavoro che aveva licenziato un dipendente per avere rubato 100 euro dalla cassa, poiché il fatto materiale era sussistente ma non era riconducibile oltre ogni ragionevole dubbio al ricorrente (Tribunale di Milano, sezione lavoro, 9 febbraio 2017).

Va nella stessa direzione anche la sentenza del Tribunale di Milano che, nel caso di un lavoratore licenziato per avere distribuito volantini che pubblicizzavano una società concorrente durante l’orario di lavoro, avendo il dipendente stesso ammesso questa condotta, dichiarava illegittimo il licenziamento perché non proporzionato rispetto alla fattispecie contestata e applicava la sola tutela indennitaria, essendo l’addebito evidentemente sussistente (Tribunale di Milano, sezione lavoro, 23 marzo 2017).

Tuttavia, si sono registrati anche casi di applicazione estensiva della norma che prevede la sanzione reintegratoria.

Ad esempio, recentemente, il Tribunale di Taranto ha condannato una società a reintegrare un dipendente, licenziato per giusta causa, perché il licenziamento non era stato preceduto dal procedimento disciplinare prescritto dalla legge (Tribunale di Taranto, sezione lavoro, 21 aprile 2017), sebbene, ad avviso di chi scrive, un simile vizio avrebbe dovuto essere classificato come vizio procedurale con applicazione delle sanzioni previste per questa fattispecie.

Il motivo oggettivo

Quanto al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il Dlgs 23/2015 , all’articolo 3, comma 1, dispone che, ove non ne ricorrano gli estremi, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità.

In linea con questa previsione e con la ratio alla base del Dlgs 23/2015, il Tribunale di Milano ha applicato la sola tutela indennitaria, accogliendo il ricorso di un lavoratore che aveva impugnato in giudizio il licenziamento intimatogli per giustificato motivo oggettivo dal datore di lavoro, per discordanza tra quanto indicato nella lettera di licenziamento, che richiamava l’ultimazione di lavori presso il cantiere, e la successiva raccomandata, nella quale la società adduceva motivi disciplinari (Tribunale di Milano, sezione lavoro, 29 maggio 2017).

L’ipotesi della reintegra

Anche in caso di licenziamenti per i quali il datore ha addotto il giustificato motivo oggettivo, lo stesso tribunale è arrivato ad estendere la reintegra.

Il Tribunale di Milano ha infatti accolto il ricorso di un dipendente, applicando l’articolo 2, comma 2, del Dlgs 23/2015 e ritenendo che dall’istruzione probatoria fossero emersi elementi idonei a fare presumere la natura ritorsiva del recesso datoriale (Tribunale di Milano, sezione lavoro, sentenza 1785 del 13 giugno 2017).

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