Più politiche attive per i tavoli di crisi
Un assegno di ricollocazione formato aziendale. È l’ipotesi allo studio del Governo per estendere ai lavoratori delle imprese in crisi lo strumento di politica attiva che finora è stato sperimentato su una platea selezionata di circa tremila disoccupati (da almeno 4 mesi) che hanno risposto alla chiamata dell’Agenzia nazionale Anpal (su 28.122 lettere inviate, la percentuale di risposta è stata del 9,1 per cento).
L’idea è di anticipare l’assegno (da 250 a 5mila euro) previsto dal decreto legislativo 150/2015 (articolo 23) - che può essere speso in servizi di assistenza intensiva alla ricollocazione, presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro accreditata - nella gestione delle crisi, considerato anche che dallo scorso gennaio non sono più operative mobilità e Cassa integrazione in deroga.
In caso di accordo con il sindacato, ai lavoratori in Cig straordinaria verrebbe riconosciuto il diritto a chiedere all’Anpal l’attribuzione immediata dell’assegno di ricollocazione per essere accompagnati verso un nuovo lavoro nel giro di 12 mesi.
La misura potrebbe essere inserita nella prossima legge di Bilancio. Posto che il nodo da sciogliere sarà quello delle risorse - per ora i fondi complessivi per lavoro e crescita sono di circa 700 milioni, già tutti “prenotati” per altri interventi - i tecnici di governo e ministero del Lavoro starebbero ragionando anche su una serie di benefici. Per i lavoratori che firmeranno poi un contratto a tempo indeterminato con un’altra azienda, ci potrebbe essere l’opportunità di “riscattare” una parte di Cigs residua, mentre il vecchio datore di lavoro potrebbe sfruttare la possibilità di firmare un accordo conciliativo per chiudere tutto il pregresso con il dipendente in uscita.
Il modello di riferimento sembra essere quello di Almaviva, dove all’assegno di ricollocazione ha aderito l’87,7% dei lavoratori, per i quali «ci sono al momento alcune centinaia di offerte di lavoro potenziali e si stanno aggiungendo altre imprese interessate ad assunzioni» spiegano dall’Anpal.
I tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico, del resto, sono ancora molti: 166 trattative in corso per un totale di oltre 189mila lavoratori (una fetta dei quali effettivamente a rischio esubero). Tra i dossier di maggior peso quelli relativi ad Alitalia e Ilva. Per la prima dovrebbe partire a breve un piano di riqualificazione per un centinaio di dipendenti in Cig a zero ore (mancano i decreti dell’Anpal) e tra una settimana esatta verranno scoperte le carte delle offerte vincolanti (la scadenza in origine fissata al 2 ottobre è stata posticipata al 16). L’obiettivo del Governo e dei commissari resta quello della cessione di Alitalia nella sua interezza: il bando pubblicato a fine luglio per avviare la procedura di vendita prevede che in caso di parità di condizioni siano considerate preferibili le offerte sul lotto unico.
Per Ilva, invece, il nuovo piano ambientale varato dal Governo (si veda Il Sole 24 Ore del 1° ottobre) è il primo step lungo la strada che dovrebbe portare all’acquisizione definitiva degli asset da parte di Am Investco Italy. Per il perfezionamento dell’operazione manca ancora l’accordo con i sindacati sul piano industriale: proprio oggi è fissato un primo incontro (circa 4mila gli esuberi stimati). Manca anche il via libera al dossier da parte dell’antitrust europeo, che ha previsto, al netto di complicazioni, la conclusione dell’iter entro fine mese.
In generale il numero delle aziende coinvolte nei tavoli di crisi è in leggera crescita: erano 109 nel 2012, 119 nel 2013, 159 nel 2014, 151 nel 2015, fino alle 166 attuali.
In base all’ultimo rapporto dell’Unità gestione vertenze del Ministero dello sviluppo economico si registra negli anni una crescente difficoltà in alcuni settori del Made in Italy, come agroalimentare e tessile-moda, e l’aumento delle imprese con oltre 500 dipendenti coinvolte da situazioni di crisi (74 tavoli aperti).
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