Previdenza

Cuneo, contributi fiscalizzati per i giovani

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di Marco Rogari e Claudio Tucci

Un taglio “strutturale” del cuneo dal valore minimo di due miliardi a regime per le assunzioni stabili dei giovani. Con un dimezzamento dei contributi per due/tre anni per i contratti a tempo indeterminato degli under35, da proseguire successivamente, e risorse permettendo, con un riposizionamento dell’asticella della contribuzione a quota 29-30 per cento senza ritornare all’attuale 33 per cento. Un’operazione quest’ultima che rappresenterebbe anche un “primo assaggio” della pensione minima di garanzia da rendere pienamente operativa non prima del 2019, sempre che il governo post elezioni non cambi idea. Sarebbe questa la strategia delineata, allo stato attuale, dai tecnici di palazzo Chigi per alleggerire il costo del lavoro a vantaggio di imprese e dipendenti con la prossima legge di Bilancio.

A confermare, sostanzialmente, questo percorso è stato ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Stiamo valutando la possibilità di intervenire sul cuneo contributivo, abbassandolo, in modo tale che convenga assumere un giovane», ha spiegato il titolare del dicastero di Via Veneto. Che ha aggiunto: «Il problema, però, che abbiamo di fronte e su cui stiamo lavorando è di farlo in maniera stabile nel tempo, per non fare uno, due o tre anni. Renderlo definitivo in modo che il lavoro stabile costi stabilmente meno del lavoro a termine».

L’esecutivo, insomma, sembrerebbe ormai aver deciso di intervenire per rilanciare l’occupazione giovanile. La proposta, al momento più gettonata, prevede un abbattimento del 50% dei contributi a carico dei datori per due/tre anni: in pratica, si passerebbe dall’attuale 30-33% al 15%, con un limite di esonero fino a 3mila euro l’anno (una soglia più o meno in linea con il precedente sgravio targato Jobs act, in vigore fino a dicembre 2016, fissata appunto in 3.250 euro annui). L’intervento avrebbe un costo iniziale per le casse dello Stato di circa 900 milioni di euro il prossimo anno, per salire intorno ai 2 miliardi a regime.

Per rendere poi la misura strutturale verrebbe previsto un “incentivo successivo” al termine del periodo (due/tre anni) di contribuzione agevolata (al 15%). Vale a dire, invece che tornare a un prelievo contributivo pieno del 30-33% si punterebbe a limarlo in maniera stabile di tre o quattro punti percentuali per portarlo cioè al 29-30 per cento. «Se si propendesse per quest’ultima ipotesi – ha spiegato Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi – la fiscalizzazione dei contributi per i giovani andrebbe nella direzione di spostare parte del carico pensionistico sulla fiscalità generale», segnando così la prima tappa verso la nuova pensione di garanzia.

Nella legge di Bilancio potrebbero entrare solo due misure previdenziali, al netto del nodo dell’aumento delle risorse per Ape sociale e precoci: un rafforzamento della previdenza integrativa e un eventuale stop selettivo all’aumento dell’età pensionabile sulla base dell’aspettativa di vita. «Serviva gradualità per la riforma Fornero», ha sottolineato il ministro Poletti. Che ha anche confermato che l’Ape volontaria dovrebbe essere pronta, «utilizzabile», per «i primi giorni di settembre». Pure il segretario del Pd, Matteo Renzi, si è soffermato sul nodo Ape volontaria: «Arriverà a settembre, ci sono stati dei rinvii, e sarà positiva». Quanto alla riforma Fornero, per l’ex premier, «è stata una delle cose più importanti del governo Monti, ma alcuni scaloni sono stati troppo forti. Servono, perciò, strumenti per i lavoratori più penalizzati».

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