Doppia uscita per la social: dal 1° maggio al 30 giugno, poi fino al 30 novembre
Saranno due le finestre per consentire ai lavoratori in possesso dei requisiti di presentare le domande per l’anticipo pensionistico. La prima scatterà dal 1° maggio al 30 giugno, la seconda dal 1° luglio fino al 30 novembre e servirà per accogliere le domande sulla base delle risorse residue. Prima di questa data, più precisamente il 30 settembre, verrà stilata una graduatoria dei destinatari delle misure.
È questo il timing illustrato ieri al tavolo con i sindacati dal governo che ha annunciato per la prossima settimana il varo dei tre Dpcm sull’anticipo pensionistico “social” (a costo zero per il lavoratore), sull’Ape volontaria e sull’uscita anticipata dei lavoratori precoci, che insieme al decreto del ministero del Lavoro con i criteri per l’uscita anticipata dei lavoratori impegnati in attività usuranti, completano la cosiddetta “fase 1” del tavolo avviato lo scorso 28 settembre. Quindi le finestre per le domande saranno due e non una, come invece era emerso in precedenza: la seconda consentirà l’accoglimento delle domande, in rapporto alle risorse residue, considerando che la legge di Bilancio ha assegnato per il 2017 all’Ape social 300 milioni e 360 milioni per i precoci(lavoratori con 12 mesi di contributi prima dei 19 anni d’età e 41 anni di contributi maturati).
Dai sindacati arrivano «apprezzamenti sul metodo, anche se il giudizio è articolato», come ha sintetizzato Maurizio Petriccioli (Cisl), «non abbiamo visto ancora i testi e almeno due questioni restano ancora aperte». Quanto ai due nodi: per accedere all’Ape social bisogna essere lavoratori dipendenti che svolgono da almeno 6 anni in via continuativa un lavoro difficoltoso (la lista dei lavori è indicata nella legge di Bilancio), con un’anzianità contributiva di almeno 36 anni. I sindacati hanno proposto di calcolare i 6 anni nell’arco di 8 anni, il governo potrebbe introdurre 7 anni (che non bastano a Cgil, Cisl e Uil). Altro nodo: tra le condizioni per l’accesso all’Ape social, avere 63 anni e trovarsi in stato di disoccupazione per licenziamento (anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale), aver concluso la prestazione per la disoccupazione spettante da almeno 3 mesi e un’anzianità contributiva di almeno 30 anni. I sindacati hanno chiesto di includere in questa platea anche chi è rimasto disoccupato dopo aver finito un contratto a tempo determinato. Il governo pare disponibile a includere in futuro i contratti a termine, solo se non interrompono gli ammortizzatori concessi in seguito al licenziamento; in sostanza chi è stato licenziato 10 anni fa e da allora continua con contratti a termine è escluso.
Il capo del team di economisti di Palazzo Chigi, Marco Leonardi, ha spiegato che eventuali correttivi verranno introdotti in legge di Bilancio o con provvedimenti legislativi, ma allargare ora nei Dpcm le maglie della platea rischia di compromettere il via libera da parte del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, con la conseguenza che verrebbe ritardato l’avvio dell’anticipo pensionistico. «L’Ape social e l’Ape volontaria mantengono l’equilibrio dei conti - ha aggiunto Leonardi -, assicurando flessibilità in uscita ai lavoratori. Si tratta di istituti nuovi, siamo impegnati a intervenire per risolvere i problemi applicativi che inevitabilmente verranno alla luce quando la normativa sarà operativa». Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel sottolineare che «l’innalzamento dell’età dei lavoratori è uno degli ostacoli all’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro che cerchiamo di rimuovere» invita a considerare gli aspetti su cui si registrano convergenze tra le parti. Ma per la leader della Cgil, Susanna Camusso, senza la rimozione dei due nodi «l’esigibilità dell’anticipo pensionistico è a rischio per le categorie che svolgono lavori gravosi, stimiamo che tra gli edili potranno beneficiarne in 400 su una platea potenziale di 20mila».
Con il varo dei Dpcm si aprirà la cosiddetta “fase 2” del tavolo, due incontri sono in calendario il 6 e il 13 aprile. All’ordine del giorno le pensioni dei giovani, con il tema dell’adeguatezza dell’assegno pensionistico dei giovani lavoratori che hanno redditi bassi e discontinui. L’introduzione di una pensione contributiva di garanzia, legata agli anni di contributi e all’età d’uscita, dovrà assicurare pensioni medio-basse dignitose, in vista del probabile taglio strutturale del cuneo contributivo. Sulla “fase 2”, il numero uno della Uil, Carmelo Barbagallo ha sottolineato «l’importanza di avviare la discussione sui giovani e sulla governance dell’Inps e sul tema di come separare l’assistenza dalla previdenza».