Contrattazione

Con Industria 4.0 è caccia aperta ai guru del software

di Luca Orlando

«È la terza volta in un anno - sbotta Giuseppe Pasini - che provano a portarmi via il capo dell’Ict». «Io non c’entro - gli ribatte scherzando Carlo Mazzoleni - anche se in effetti da mesi sto cercando proprio un informatico e ancora aspetto che il cacciatore di teste mi porti qualche candidato». Bastano poche domande, incontrando gli imprenditori, per capire che il problema è serio, non limitato all’acciaieria Feralpi del presidente dell’Associazione industriale bresciana o alle Trafilerie del past president di Confindustria Bergamo. Dagli ingegneri meccanici ed elettronici la “caccia” alle competenze si è allargata ai laureati e diplomati in informatica, ormai merce rarissima sul mercato rispetto alle richieste delle aziende.

Emblematico l’ultimo annuncio di un’agenzia di lavoro di Firenze (Kelly Services), che ha 40 posizioni aperte: dieci di queste per programmatori. Richieste crescenti, perché più ampia è la platea di chi utilizza queste competenze. Al “classico” responsabile Ict, da sempre previsto in ogni organizzazione, si affiancano nuovi ruoli legati alla progressiva digitalizzazione di processi. Solo in apparenza, ad esempio, pare curioso vedere il produttore di macchine per caffè Cimbali ricercare un profilo per sviluppare “algoritmi di controllo”. «Da un lato creiamo anche prodotti con interfaccia touch - spiega il direttore risorse umane di Gruppo Cimbali Paolo Filippi - ma a questa complessità si aggiunge la messa in rete delle nostre macchine per controllo,manutenzione e personalizzazione. Lo squilibrio domanda-offerta è evidente: da sei mesi cerchiamo questo profilo». Situazione non dissimile per Agrati. uno dei leader mondiali nei sistemi di fissaggio per auto, azienda meccanica in rotta verso Industria 4.0, alle prese con la connessione degli impianti e l’arrivo di una valanga di nuovi dati. «Stiamo anche inserendo Sap - spiega il direttore risorse umane Gianluca Bella - e da qualche mese cerchiamo un analista programmatore. A gennaio servirà un altro esperto di sistemi e mi aspetto sarà anche più faticoso». A cercare questi profili non sono i soli. Nel solo mese di settembre, come dimostra la più recente rilevazione Excelsior-Unioncamere, tra programmatori, sviluppatori di software, analisti ed esperti nelle gestione di reti, gli ingressi stimati in Italia sono stati 4500. E per l’area allargata dei tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione, nel 44% dei casi le aziende dichiarano difficoltà di reperimento, a fronte di una media totale del 26%. Anche se l’offerta resta indietro, da alcuni anni è però visibile una netta accelerazione del trend. I diplomati sono aumentati del 50% in 5 anni (2016/17 sono 15.268) e anche gli immatricolati ai corsi universitari più vicini alla programmazione (Scienze e tecnologie informatiche+Ingegneria dell’informazione) sono in netta crescita: dai poco più di 15mila esistenti fino al 2011, siamo ora al record di oltre 22mila unità, quasi il 50% in più rispetto al 2008. La dispersione scolastica resta però elevata e infatti i laureati, seppure in crescita, non hanno lo stesso passo degli iscritti: ad ogni modo, dai minimi del 2014 la risalita è del 15%, con oltre 12mila lauree. Giovani, come dimostrano i dati AlmaLaurea, per cui il posto di lavoro rappresenta l’ultimo dei problemi, con tassi di occupazione 20 punti oltre la media e stipendio netto ad un anno dalla laurea (ingegneria informatica) di 1512 euro, quasi 400 in più rispetto alla media dei laureati. «Si sfiora un livello del 100% di occupazione - conferma il rettore del Politecnico di Bari Eugenio Di Sciascio e per la verità vi sono molti ragazzi che già lavorano durante gli studi. Per fortuna si sta vedendo anche qualche effetto sugli stipendi, che iniziano a salire.

Noi cresciamo, ma anche così non teniamo il passo della domanda. Ecco perché chiederemo al Miur un nuovo accordo di programma: senza nuovi professori più di tanto qui non si può fare». «Ogni anno laureiamo circa 200 informatici - aggiunge il prorettore dell’Università degli Studi di Bari Giuseppe Pirlo - ma anche se fossero il doppio non basterebbero. Quando escono da qui i ragazzi scelgono, tutti hanno più di una offerta di lavoro, sul territorio e non solo». «Anche da noi l’occupazione non è un problema - spiega la delegata per l’accompagnamento al lavoro del Politecnico di Torino Carla Chiasserini - e notiamo anche molti casi di autoimprenditorialità: parliamo di pochi punti percentuali ma se pensiamo che si tratta solo per noi di almeno cinque start-up all’anno, direi che non è male». Numero uno in Italia per immatricolati in ingegneria dell’informazione è il Politecnico di Milano. Ma anche qui la “produzione” non basta mai. «Il tempo di attesa per entrare sul mercato del lavoro è prossimo allo zero - spiega Gianpaolo Cugola - Presidente del consiglio di Corso di Studi di Ingegneria Informatica - e del resto basta guardare due numeri: lo scorso anno al nostro ufficio placement sono pervenute dalle aziende richieste per 4692 posizioni, a fronte di 258 laureati magistrali». Penuria che spinge le aziende ad adottare anche strategie “creative” per attrarre talenti. Bending Spoons, app developer milanese in forte crescita, cerca 20 figure di data engineers. Le persone selezionate potranno accettare il lavoro, oppure rifiutarlo. Ricevendo comunque in questo caso un biglietto per San Francisco, per visitare la Silicon Valley.

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