Se la mobilità è illegittima, va restituita l’indennità
Se la procedura di mobilità viene giudicata illegittima e altrettanto il licenziamento da cui la prima deriva, il lavoratore che ha beneficiato dell'indennità di mobilità la deve restituire all'Inps. Così ha deciso la Cassazione con la sentenza 21439/2018 depositata ieri, relativa al caso di una lavoratrice che ha visto riconoscere l'invalidità della procedura di mobilità adottata dalla sua azienda e il diritto al risarcimento del danno.
La Suprema corte ricorda che già con la sentenza 27674/2011 è stato affermato che l'indennità di mobilità è una prestazione previdenziale regolata dalla normativa dell'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.
Oltre a ciò, con diverse sentenze, nonché con la decisione 12194/2002 a sezioni unite, ha chiarito che, in caso di risarcimento del danno per licenziamento illegittimo, l'importo riconosciuto al lavoratore e commisurato alle retribuzioni perse non deve essere ridotto di quanto percepito dallo stesso a titolo di trattamento previdenziale. Questo perché «le utilità economiche che il lavoratore ne ritrae, dipendendo da fatti giuridici del tutto estranei al potere di recesso del datore di lavoro, si sottraggono all'operatività della regola della “compensatio lucri cum danno”».
In caso di risarcimento, quindi, l'importo dello stesso tiene conto delle retribuzioni eventualmente incassate dal lavoratore tra il licenziamento e la sentenza. Invece, la compensazione non tiene conto di quanto percepito come indennità di mobilità. Ma se poi il provvedimento espulsivo viene giudicato illegittimo l'Inps ha diritto a recuperare gli importi erogati al disoccupato mentre era iscritto nella lista di mobilità.