Contenzioso

Vincolo di subordinazione attenuato per i giornalisti

di Valeria Zeppilli

Nell'attività giornalistica, il vincolo di subordinazione si configura in maniera peculiare rispetto ad altre professioni e risulta attenuato.

Il giornalismo infatti, per la Corte di cassazione (sesta sezione civile, 25 settembre 2018, numero 22699), è un'attività lavorativa che deve essere ricompresa tra quelle caratterizzate da una natura prettamente intellettuale e in cui la prestazione svolta è connotata da creatività e dalla particolare autonomia del lavoratore. Essa, pertanto, non può essere mai ricondotta entro i confini della nozione classica di subordinazione.

Peraltro, la valutazione della prestazione lavorativa dei giornalisti non può prescindere dal considerare adeguatamente la peculiarità dell'orario di lavoro svolto, la circostanza che l'opera redazionale ha carattere collettivo e il fatto che la legge impone dei precisi vincoli sia alla pubblicazione di un giornale, sia alla diffusione delle notizie.

Bisogna però fare attenzione a non confondere: l'elemento creativo proprio dell'attività intellettuale, e quindi di quella giornalistica, non determina di per sé la scomparsa del vincolo di subordinazione; ciò che esso genera, semmai, è solo un suo affievolimento.
Tale vincolo, infatti, resta se vi è continuità delle prestazioni rese dal giornalista, ovverosia la sua disponibilità ad attenersi alle istruzioni del datore di lavoro, che permangono anche nel tempo intercorrente tra l'una e l'altra prestazione.

Di conseguenza, per la Suprema corte, il vincolo di subordinazione deve ritenersi sussistente, nell'attività giornalistica, ogniqualvolta il lavoratore dà stabilmente la propria disponibilità a eseguire le istruzioni fornitegli dall'editore e a modificare e sistemare i propri elaborati tenendo conto delle esigenze redazionali. Ulteriore circostanza che connota la subordinazione del giornalista, unitamente alle precedenti, è l'attinenza dei suoi scritti alle indicazioni che il responsabile del servizio gli dà al fine di destinarli a una rubrica che il responsabile stesso ha specificamente voluto.

Si ha invece lavoro autonomo quando nell'esecuzione della prestazione del giornalista non è prevista alcuna ingerenza del committente e viene prestabilita una sola fornitura (anche dilazionata nel corso del tempo), con una sola retribuzione, eventualmente commisurata alla singola prestazione e subordinata a una valutazione di gradimento. In concreto, rifacendosi al caso specificamente affrontato dalla Corte di cassazione, deve ritenersi che un giornalista sia lavoratore autonomo e non possa rivendicare l'assunzione con rapporto di lavoro subordinato se non è inserito in maniera organica e continuativa nell'organizzazione aziendale per la quale presta la propria opera, ha libertà nell'organizzare il proprio lavoro, non deve giustificare le assenze, può utilizzare computer, scrivania e pc senza però avere una propria postazione e non è retribuito a cadenza prestabilita ma in base ai lavori consegnati.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©