«Il diritto del lavoro coltivato con il confronto»
Sergio Barozzi, scomparso venerdì, era prima di tutto un amico, una bella e interessante persona, mai banale. Di quelle con cui è un piacere chiacchierare, ridere e anche discutere confrontando le opinioni, anche (anzi soprattutto) quando capitava che non coincidessero. E poi era un avvocato giuslavorista di valore. Con lui ho condiviso a Milano 30 anni di percorso professionale. Un percorso che ha attraversato la storia tormentata ma affascinante del diritto del lavoro, dai primi anni ’80 quando l’impatto dello statuto dei lavoratori era ancora forte, agli anni del diritto del lavoro dell’emergenza, alla legge Biagi, fino al Jobs act e alle ultime recenti modifiche.
Sergio, il cui funerale civile si svolge questa mattina a Milano, era attento a cogliere, in questa materia in perenne ebollizione, le linee di tendenza, le prospettive future. Lo aveva fatto da ultimo in un convegno a Milano, in cui si era spinto ad immaginare nuovi approcci culturali per la gestione del personale, e quindi anche un nuovo ruolo dell’avvocato giuslavorista. Sergio aveva a cuore la nostra professione, e in un’ottica di servizio era stato nel Consiglio dell’Ordine di Milano, cercando di portarvi quel nuovo modo di intendere l’avvocatura che praticava tutti i giorni sul campo.
Aveva forte il senso della comunità dei giuslavoristi: è stato tra i primi a immaginare un’associazione che ci raggruppasse tutti, indipendentemente dalla parte assistita, valorizzando specializzazione e competenza attraverso il confronto e la formazione. In Agi, fin dall’inizio, ha portato un importante e incisivo contributo di novità e concretezza negli organismi dirigenti di cui ha fatto attivamente parte. Come vicepresidente della sezione lombarda ha ideato e promosso, con successo, modalità innovative di fare formazione.
Condivideva con generosità e passione il risultato delle sue esperienze e dei suoi contatti internazionali, che coltivava con convinzione. Anche perché era un viaggiatore curioso, che ha girato il mondo non solo per lavoro, sempre attento ad andare oltre la superficie delle cose nei paesi che visitava. La stessa curiosità e passione che metteva nella attività professionale quotidiana. Aveva una visione completa, a 360 gradi, del mondo del lavoro, grazie alle diverse esperienze di assistenza e difesa maturate nella sua carriera.
Una visione che metteva a disposizione del cliente, individuando e perseguendo con decisione la miglior soluzione per la tutela dei suoi interessi. Battagliero nelle aule giudiziarie, quando serviva, ma sempre disponibile a cercare e negoziare, con pazienza e determinazione, una soluzione che contemperasse gli interessi in gioco. Come un vero, grande avvocato deve essere. Con quella marcia in più che spesso ha chi ha praticato lo sport con passione. A questo proposito, un solo rimpianto. Sergio ha tentato tante volte di coinvolgermi nella sua passione interista, e oggi mi dispiace non averlo seguito, avremmo avuto più occasioni per condividere la vita e la spensieratezza.