Contrattazione

Serve rispondenza tra la causale e le mansioni svolte

di Daniele Colombo

L’obbligo di giustificare l’apposizione del termine a un contratto di lavoro reintrodotto dal Dl 87/2018 non è una novità nel nostro ordinamento: era già stato previsto dalla legge 230 del 1962 e dal Dlgs 368/2001.

Il tema della validità o meno della causale è stato al centro di una rilevante mole di contenzioso davanti ai giudici del lavoro. Ma quali sono i principali orientamenti espressi dalla giurisprudenza sulle causali?

Alcune indicazioni potrebbero tornare utili anche alla luce del Dl 87/2018, sebbene la disciplina delle causali sia ora più restrittiva.

L’esplicitazione della causale deve essere caratterizzata da una sufficiente specificità, idonea a far comprendere al lavoratore le ragioni della propria assunzione a termine e a consentirgli - eventualmente anche in ambito giudiziale - di poter verificare la piena aderenza dell’attività svolta alle ragioni indicate nel contratto (si veda per tutte la sentenza del Tribunale di Milano 5897 del 10 dicembre 2011; per la somministrazione si veda anche la pronuncia della Cassazione, sezione lavoro, 5372 del 7 marzo 2018).

Quanto al dato formale, la Cassazione, in più occasioni, ha affermato che il legislatore, chiedendo al datore di indicare le ragioni di carattere tecnico organizzativo, produttivo o sostitutivo del termine apposto al contratto, ha inteso stabilire un onere di indicazione sufficientemente dettagliato della causale, con lo scopo di assicurare trasparenza, veridicità e immodificabilità delle ragioni di apposizione del termine (Cassazione, sezione lavoro, sentenza 23864 del 23 novembre 2016).

Quanto alle esigenze sostitutive di un altro lavoratore, era sorto il dubbio in giurisprudenza sulla necessità o meno di indicare il nominativo della persona sostituita. Nella aziende complesse, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni – è integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (come l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro), che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del presupposto di legittimità (tra le tante, sentenze della Corte costituzionale 214 del 2009 e 107 del 2013; Cassazione, sezione lavoro, sentenza 4898 del 27 febbraio 2017 ).

Esiste infine un orientamento giurisprudenziale (anche se non maggioritario) che obbliga il datore di lavoro a rispettare il dato formale e sostanziale della causale anche quando viene indicata una motivazione di ricorso al contratto a tempo determinato, nei casi in cui ciò non sia previsto dalla legge. Secondo parte della giurisprudenza, in questi casi, il contratto a-causale si trasforma in “causale” con obbligo di rispettarne i principi formali sia sulla descrizione dell’esigenza, sia sulla concreta prova della sussistenza delle ragioni di ricorso al contratto a termine (Tribunale di Milano sentenza 3211/2013 e, contra, Tribunale di Milano, 817/2015).

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