Rapporti di lavoro

Effetto Covid sui contratti: calano premi e nuovi accordi

È il dato che emerge analizzando il report del ministero del Lavoro sulle intese depositate telematicamente. Tra le aziende che hanno ridotto queste policy in affanno le Pmi

di Alessandro Rota Porta e Serena Uccello

Un grande archivio in grado di fotografare il mondo del lavoro attraverso la contrattazione. Sono i 63.426 contratti depositati presso il ministero del Lavoro da quando è attiva la procedura per il deposito telematico dei contratti aziendali e territoriali. A seguito, cioè, della pubblicazione del Decreto Interministeriale del 25 marzo 2016, relativo alla detassazione delle agevolazioni fiscali (articolo 1 Legge 208/2015). A leggere i numeri e le materie trattate emerge una efficace chiave di lettura del nostro sistema produttivo e delle sue dinamiche. A leggere i numeri e le materie trattate emerge una efficace chiave di lettura di questo tempo confermando la concretezza dei timori di questo mesi: la pandemia ha tagliato fiato e risorse al sistema produttivo.

E così si scorge che gli effetti della pandemia si sono fatti pesantemente sentire sulle retribuzioni premiali e di produttività: calcolando in modo dettagliato il trend per annualità, emerge infatti il drastico calo del numero dei nuovi contratti depositati post Covid riguardanti, in particolare, la detassazione dei premi di risultato e la partecipazione agli utili d’impresa. Infatti, se nel 2018 le intese inviate al ministero sono state 12.099 e poco meno nel 2019 quando si sono attestate a 11.615, spicca il brusco tracollo avvenuto nel 2020 dove il dato si è fermato a 6.779 unità, registrando una diminuzione di quasi il 50% rispetto all’anno precedente: anche quest’anno la situazione non migliora e i depositi sono pressoché in linea con il 2020, 3.469 per l'esattezza, quale numero del primo semestre.

In fase di attesa
Si tratta, quindi, di un quadro emblematico che fa dedurre come molte aziende siano state evidentemente costrette a rinunciare a queste policy: i numeri riportati sono riferiti in larga parte ai contratti aziendali. Peraltro, entrando nei dettagli di questi ultimi e rilevato che addirittura il 53% del dato totale dei contratti attivi concerne imprese che occupano meno di 50 dipendenti e il 14% realtà dimensionali da 50 a 99 addetti, si comprende come l’andamento involutivo abbia caratterizzato la platea delle Pmi.

Tuttavia non segnalano lo stesso calo le intese sui premi di risultato ancora attive, ossia quelle a valenza di ultrattività: se a giugno 2019 erano 13.443, a giugno 2021 la discesa si è fermata a 10.238.

Una sorte peggiore hanno subito gli accordi correlati alla decontribuzione per le misure di conciliazione dei tempi di vita e lavoro dei dipendenti: quelli attivi sono passati dai 2.197 del 15 giugno 2019 ai 1.322 dello stesso mese del 2021.

Insomma, il panorama appena descritto merita qualche riflessione che va oltre i numeri. Se le intese “storiche”, vale a dire quelle che interessano più annualità, hanno tutto sommato retto l’urto della pandemia, hanno invece subito una pesante battuta d’arresto le nuove attivazioni e – per le prime – occorrerà analizzare cosa accadrà nei prossimi anni, se saranno rinnovate o meno. In ogni caso, se per le aziende diminuisce la sostenibilità economica di questi impianti incentivanti ne potrebbe risentire la produttività e le dinamiche retributive per i lavoratori resterebbero salvaguardate solo dagli elementi di garanzia e perequativi (previsti dai contatti collettivi nazionali di lavoro) che scattano per quelle imprese prive di accordi premiali di secondo livello.

Le prospettive
Lo spaccato apre anche a qualche spunto in prospettiva futura: gli effetti del Covid hanno indubbiamente aumentato i bisogni dei lavoratori in termini di welfare e di conciliazione vita-lavoro (per via del massiccio ricorso allo smart-working). In questa direzione dovranno evidentemente puntare le politiche di remunerazione e gli impianti premiali: è probabile che le erogazioni incentivanti monetarie lascino sempre più il posto a piani welfare.

Se, infatti, la detassazione dei premi avvantaggia – con la riduzione delle imposte - soltanto i dipendenti, i sistemi di welfare realizzano un meccanismo virtuoso perché, in larga parte, generano anche per l’azienda vantaggi in termini di risparmio contributivo.

Se questo è lo scenario ne consegue che i dati dei prossimi mesi dovranno quindi essere letti con attenzione per non perdere di vista i mutamenti in atto nelle politiche di incentivazione.

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