Previdenza

Pignorabilità del trattamento pensionistico: nuovi limiti

di Silvano Imbriaci

Il principio della normale pignorabilità del trattamento pensionistico, sia pure con limiti, non costituisce un dato da sempre esistente nell'ordinamento previdenziale, essendo il frutto di una serie di interventi giurisprudenziali e normativi che hanno contribuito in modo decisivo a disegnare una regolamentazione sufficientemente rispettosa delle esigenze dei creditori e dei debitori, titolari dei trattamenti pensionistici. Il legislatore ha molto ritardato nell'individuazione di una disciplina compiuta in materia. In particolare, tale inerzia è stata avvertita soprattutto sul fronte della individuazione della quota non pignorabile, attività che di fatto è stata affidata alla giurisprudenza in funzione suppletiva. Si è così fatto riferimento al trattamento minimo vero e proprio, come stabilito dall'art. 10 della legge n. 218/1952 e successive modificazioni (leggi nn. 638/1983, n. 537/1993, n. 335/1995); oppure all'importo del c.d. incremento del trattamento minimo come istituito ed individuato dalla legge n. 448/2001 e disciplinato da ultimo anche dall'art. 5 della l. n. 127/2007; oppure, ancora, all'importo dell'assegno sociale (art. 6 l. 335/1995) o al c.d. reddito minimo di inserimento di cui agli artt. 6 e 8 del D. Lgs. n. 237/1998. Dunque, da una parte la mancata indicazione dell'entità della quota di pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle sue esigenze di vita (il c.d. minimo vitale), aveva trasferito la valutazione in ambito giudiziale (cfr. Cass. n. 24536/2014), dovendosi esaminare quale fosse la soglia minima vitale nella fattispecie concreta (e con la possibilità dunque di esaminare la situazione globale dell'assicurato, sotto questo profilo); sotto diverso profilo, tuttavia, nessuno dei criteri selezionati in astratto era idoneo ad identificare la salvaguardia indicata dalla Corte Costituzionale, non potendosi identificare il minimo vitale con il trattamento minimo (cfr. Cass. n. 18225/2014; cfr. anche Cass. n. 18755/2013 e n. 6548/2011). Con il D.L. 27 giugno 2015, n. 83 (art. 13), conv. in L. n. 132/2015, finalmente il legislatore interviene direttamente sulla materia, mediante la modifica dell'art. 545 c.p.c. a cui sono aggiunti alcuni commi. Secondo la nuova disciplina, in sintesi, le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, o trattamenti similari, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare risulta pignorabile nei limiti previsti dalla stessa norma (terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge).
La legge di conversione (L. 21 settembre 2022, n. 142) del D.L. 9 agosto 2022, n. 115 (c.d. Aiuti bis) ha introdotto ulteriori modifiche al limite di impignorabilità delle pensioni di cui al settimo comma dell'art. 545 c.p.c., modifiche delle quali da conto l'INPS con il messaggio 29 settembre 2022, n. 3554.
In particolare, l'art. 21 bis dispone che l'articolo 545 c.p.c. è sostituito dal seguente: "Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge». Se dunque rimane invariata la quantificazione del pignoramento per la quota pignorabile, viene aumentato l'importo della quota non pignorabile: dalla misura massima dell'assegno mensile aumentato della metà si passa al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con una soglia minima di salvaguardia individuata in 1.000 euro. L'importo dell'assegno sociale, nella sua misura piena, per il 2022 è di 468,28 euro per 13 mensilità (il doppio: € 936,22 – inferiore alla soglia di salvaguardia). L'INPS rileva che la nuova disposizione si applica alle procedure esecutive notificate all'Istituto successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione, pubblicata sulla G.U. n. 221 del 21 settembre 2022, e cioè a decorrere dal 22 settembre 2022. Conseguentemente, le procedure esecutive i cui atti di pignoramento siano stati notificati antecedentemente alla data del 22 settembre 2022 restano disciplinati dalla normativa previgente a prescindere dallo stato di avanzamento della procedura stessa (dichiarazione di terzo da rendere, accantonamento cautelativo in corso, pignoramento in coda). Occorre ricordare, infine, che il pignoramento per la quota eccedente è inefficace e tale inefficacia è rilevabile anche d'ufficio.

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