Anche le mansioni fuori qualifica da eseguire se chieste dal datore
Un lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla propria qualifica contrattuale può procedere in giudizio per ottenere la riconduzione della prestazione nell’ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutare a priori, e senza un eventuale avallo giudiziario, di eseguire la prestazione lavorativa richiestagli. Lo ha ricordato la Corte di cassazione nella sentenza n. 21036/18, depositata ieri, con cui è stata chiamata a decidere - rigettandolo - sul ricorso di un documentatore di primo livello di un emittente radiotelevisiva, poi deceduto nel corso del procedimento giudiziario, il quale si era rifiutato di reperire e consegnare un cd musicale richiesto da un giornalista secondo quanto gli aveva ordinato un superiore, sostenendo che quest’azione esulava dai compiti propri della sua qualifica per rientrare in quelli di mera manovalanza. Un diniego a causa del quale era stato sospeso per tre giorni dall’attività lavorativa e dalla retribuzione.
Tra i motivi indicati nel ricorso presentato dal documentatore davanti ai giudici di legittimità dopo che la Corte d’appello di Torino aveva respinto la sua richiesta di annullamento della sanzione, in riforma della sentenza di primo grado, si collocava anche l’assunto dell’inconfigurabilità dell’insubordinazione nell’ipotesi di rifiuto di adempiere compiti estranei alla qualifica attribuita.
Di diverso parere la Corte di cassazione, la quale, richiamando diversi precedenti della giurisprudenza di legittimità, anche recenti (Cass. n. 834/18, Cass. n. 12696/18, Cass. n. 29832/08, Cass. n. 25313/07) ricorda che il lavoratore è tenuto comunque a osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dall’imprenditore in base agli articoli 2086 e 2014 del Codice civile e può legittimamente invocare l’articolo 1460 del Codice civile solo in caso di totale inadempimento dell’altra parte.
La sentenza n. 21036/18 della Corte di cassazione