Le inefficienze di un sistema troppo parcellizzato
La legge sulla concorrenza sembra porre le basi per una seria riflessione sulle caratteristiche che dovranno assumere le forme di previdenza complementare. Un tavolo di consultazione con le parti sociali, la Covip e gli esperti di settore dovrà interrogarsi su una serie di punti che finora hanno rappresentato un limite allo sviluppo della previdenza complementare. Si dovrà mettere mano alla revisione dei requisiti per l'esercizio dell'attività dei fondi pensione, con particolare riferimento all'onorabilità e professionalità dei componenti degli organi collegiali, del responsabile della forma pensionistica complementare, nonché dei responsabili delle principali funzioni; si dovranno fissare soglie patrimoniali di rilevanza minima in funzione delle caratteristiche dimensionali dei patrimoni gestiti, dei settori di appartenenza, della natura delle imprese interessate, delle categorie dei lavoratori interessati nonché dei regimi gestionali; si dovranno individuare procedure di aggregazione finalizzate ad aumentare il livello medio delle consistenze e ridurre i costi di gestione e i rischi; infine si dovranno attivare forme di informazione finanziaria. Tutti temi - dalla governance alla gestione del rischio - che peraltro sono ricompresi nella seconda direttiva sui fondi pensione emanata alla fine dello scorso anno.
Due punti appaiono però determinanti. Il primo è l'assetto dimensionale. In Italia abbiamo, sulla base dei dati Covip, 452 fondi pensione, con circa 7,4 milioni di iscritti (esclusi altre 400mila persone nei “vecchi” Pip, le forme pensionistiche individuali). Decisamente troppi. I fondi troppo piccoli difficilmente possono garantire ai loro iscritti servizi sofisticati a costi ragionevoli. Basti pensare agli aspetti connessi con gli investimenti in titoli alternativi o illiquidi, quasi sempre necessari ormai in una appropriata strategia di investimento, che necessitano però di una governance ben strutturata, talvolta non facile da trovare neanche tra i fondi pensione di dimensioni più grandi.
Il secondo punto è rappresentato dall'adeguatezza della prestazione. Nei fondi pensione a contribuzione definita come i nostri è chiara l'entità della contribuzione, non quella della prestazione finale. Il rischio che al pensionamento non si sia maturata una prestazione adeguata risulta essere sempre più presente. I responsabili dei fondi pensione, dalla definizione delle strategie di investimento, dovrebbero porsi come obiettivo quello di garantire alla cessazione dal servizio un determinato livello di prestazione e monitorarne nel tempo l'effettivo raggiungimento.