Previdenza

Boeri (Inps): «Quota 100 costa 17 miliardi nel 2021. Chi anticipa penalizzato del 21%»

di Davide Colombo

Optare per “quota 100” ha un costo per lo Stato e un costo per il lavoratore che decide di andare in pensione fino a 5 anni prima rispetto ai requisiti Fornero. Per lo Stato l’onere da sostenere, in termini di maggiore spesa previdenziale, arriva a 17 miliardi nei primi tre anni e fino a 140 miliardi dopo 10 anni di applicazione delle nuove norme. Per il lavoratore scegliere la nuova anzianità significherebbe rinunciare fino al 20-21% (il 4% l’anno circa) di assegno Inps rispetto a quanto avrebbe incassato lavorando fino a 67 anni.

In attesa di conoscere le misure definitive che entreranno in manovra ieri il presidente dell’Inps, Tito Boeri, è tornato a offrire valutazioni d’impatto del “pacchetto previdenza” nel corso di un’audizione in Commissione Lavoro, alla Camera. Il costo d’insieme offerto per “quota 100”, ovvero l’anzianità con 62 anni e 38 di contributi minimi, sommato alla proroga di “opzione donna”, dell’Ape sociale e al congelamento degli adeguamenti automatici alla speranza di vita dei requisiti attuali (42 anni e 10 mesi o 67 anni fino al 2021) è di 7 miliardi il primo anno, 11,5 il secondo e 17 il terzo. Mentre il maggiore debito pensionistico implicito sarebbe pari a 117 miliardi circa.  «Fino al 2046 si spendono 400 miliardi in più e dopo si hanno risparmi» ha avvertito Boeri sottolineando il forte onere legato alla mancata indicizzazione alla speranza di vita. Per il quotista, invece, il costo dell’uscita anticipata può valere fino a 500 euro in meno al mese. L’esempio proposto è quello di un pensionando della Pa (montante a calcolo retributivo fino al 2011 e contributivo negli anni successivi) che esce con uno stipendio annuo di 40mila euro: con 5 anni di minori versamenti e cogliendo un coefficiente di trasformazione minore anziché prendere una pensione di 36.500 euro annui si fermerebbe a circa 30mila. Le stime Inps sulla maggiore spesa sono state fatte ipotizzando un’adesione del 90% a “quota 100” perché, ha spiegato, il divieto di cumulo tra reddito di lavoro e pensione verrebbe letto come un disincentivo. La propensione a lavorare dopo la pensione, secondo dati 2016, è attorno al 20% per i sessantenni.

Boeri ha infine ribadito che dalla correzione attuariale sulle “pensioni d’oro”, dai 90mila euro lordi, si potrebbero ottenere 150 milioni di risparmi l’anno, che salgono a 300 se la correzione scattasse invece dai 78mila euro. Ma la via del cosiddetto “ricalcolo” delle “pensioni d’oro” è ormai tramontata. Fonti Lega e M5S hanno confermato che le ipotesi alternative sono due: un contributo di solidarietà oppure fermare la rivalutazione all’inflazione. Potrebbe essere scelto anche un mix delle due opzioni, comunque considerate temporanee.

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