Negozi aperti la domenica: rebus turni e costo del lavoro
Evitare il «dogma della domenica». È l’invito del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, intervenuto ieri sulla questione delle aperture dei negozi nei giorni festivi, proponendo inoltre di detassare il lavoro domenicale: «Chiudere gli esercizi commerciali la domenica per fare gli interessi di qualche esercente, sia pure legittimo, pensando anche di bloccare Amazon rappresenta una posizione punitiva e dogmatica», ha detto Boccia.
Sul tema – che oggi sarà nuovamente discusso in Commissione Attività produttive alla Camera – «non servono strappi – ha detto il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli –. Bisogna trovare un punto di equilibrio tra le esigenze dei consumatori, la libertà delle imprese e la qualità di vita di chi lavora nel commercio».
Uno dei punti sollevati in questi giorni è quello delle condizioni di lavoro dei dipendenti del commercio e dei costi aggiuntivi che l’apertura nei giorni festivi comporta per le imprese del settore. Costi che la grande distribuzione riesce ad assorbire meglio rispetto ai piccoli esercizi, così come riesce più agevolmente a organizzare i turni. «Alla domenica l’organico è più basso, quindi il costo del lavoro è inferiore – osserva Francesco Quattrone, direttore Area lavoro e relazioni sindacali di Federdistribuzione – mentre per fatturato è il secondo giorno della settimana. Anche se non si fanno grandi margini, quindi,le aperture domenicali aumentano i guadagni». Federdistribuzione ha inoltre calcolato che, dalla liberalizzazione, nella Gdo sono stati erogati ogni anno 400 milioni di euro di stipendi in più.
Il contratto nazionale del commercio (valido per tutti gli esercizi e superfici) prevede che il lavoro domenicale e festivo sia retribuito con una maggiorazione del 30%. Percentuale si applica a qualsiasi forma di contratto, a tempo indeterminato (l’89% nella Gdo) e determinato o con contratti di somministrazione. In molte aziende, spiega il segretario generale di Fisascat-Cisl, Mirco Ceotto, si è arrivati a percentuali più alte, grazie ai contratti integrativi o, soprattutto per quanto riguarda gli esercizi più piccoli, grazie ai contratti territoriali siglati con Confcommercio. «La maggioranza delle aziende applica però soltanto il contratto nazionale», commenta Bruno Boco, segretario nazionale Uiltucs.
Il tema più spinoso è proprio quello dei turni: la norma nazionale prevede un massimo di 24 domeniche lavorate nel corso dell’anno (e altrettanti riposi infrasettimanali) per i contratti che prevedono il riposo domenicale. Nei contratti più recenti però (successivi alla legge Monti sulle liberalizzazioni) il riposo non coincide necessariamente con la domenica e in questi casi, ipoteticamente, il lavoratore potrebbe essere chiamato a lavorare anche tutte le domeniche e riposare nei feriali. «Difficile che accada, perché le aziende riescono a organizzare la turnazione – fa notare Quattrone –. Inoltre, le aziende nostre associate dichiarano che di domenica e nei festivi la maggioranza del lavoro è su base volontaria». I casi non mancano, nota però Alessio Di Labio, funzionario Filcams-Cgil, «soprattutto tra i dipendenti part-time».