Contenzioso

Reintegrato il lavoratore divenuto inabile licenziato senza repêchage

di Giulia Bifano e Massimiliano Biolchini


Il dipendente divenuto inabile allo svolgimento delle proprie mansioni può essere validamente licenziato per motivo oggettivo, a condizione che il datore di lavoro sia in grado di dimostrare che al momento del recesso non vi fossero in azienda posizioni compatibili con lo stato di salute del lavoratore. La violazione di tale obbligo di repêchage rende il licenziamento illegittimo e, in particolare, fonda il diritto del dipendente cessato alla reintegra, oltre che al risarcimento dei danni patiti.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione con la sentenza n. 32158/18, decidendo sul caso di un lavoratore licenziato poiché divenuto fisicamente inidoneo alle mansioni da ultimo assegnategli. Nell'accertare l'illegittimità del licenziamento poiché intimato in violazione dell'obbligo di repêchage, il Tribunale di Torino aveva condannato la società datrice di lavoro alla sola sanzione indennitaria.
In seguito all'impugnazione della decisione da parte dello stesso lavoratore, tuttavia, la Corte d'appello aveva riformato le conclusioni rese in primo grado, precisando come in un simile caso dovesse trovare applicazione l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella parte in cui dispone la sanzione reintegratoria in caso di accertamento del “difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore”. Ciò in quanto, proseguivano i giudici di appello, deve ritenersi che il difetto di giustificazione, previsto dalla norma quale presupposto per la reintegra del dipendente, comprenda anche l'ipotesi in cui ad inficiare il licenziamento sia la violazione dell'obbligo di repêchage.
Investita della questione, la Cassazione ha confermato l'orientamento della Corte di secondo grado, precisando come una diversa interpretazione della norma sarebbe stata anzitutto in conflitto con la stessa nozione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Ed infatti, richiamando la propria recente decisione n. 10435/18, la Suprema Corte ha sottolineato come “la fattispecie di licenziamento per giustificato motivo oggettivo consta di due elementi costitutivi, quali l'esigenza della soppressione del posto di lavoro e l'impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore”.
Di conseguenza, l'assenza di uno solo di tali requisiti è senz'altro idonea a ritenere che vi sia difetto di giustificazione del recesso. Mancanza, quest'ultima, che, nel peculiare caso del licenziamento dovuto alla sopravvenuta inidoneità fisica o psichica del dipendente alle proprie mansioni, è sanzionata dal testo normativo con la reintegra del lavoratore cessato, oltre che con il diritto di quest'ultimo a vedersi riconosciuto il risarcimento per i danni patiti. In particolare, ha proseguito la Corte confermando il proprio orientamento, il tenore letterale dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla legge n. 92/2012, “non attribuisce al giudice alcuna discrezionalità” e non rende dunque opinabili le conclusioni rese dalla Corte d'appello di Torino in punto di disciplina applicabile al lavoratore divenuto inabile alle proprie mansioni e licenziato senza una preventiva verifica circa la possibilità di assegnarlo a compiti diversi e compatibili con le sue condizioni psicofisiche. Un'interpretazione diversa della norma, conclude la Cassazione, porterebbe a ritenere che “la violazione dell'obbligo di repêchage possa determinare una tutela reintegratoria nel caso di licenziamenti per motivi economici e precluderla invece nel caso di lavoratore affetto da inidoneità fisica o psichica”. Ciò, oltre ad essere incoerente con l'ordinamento nazionale, confliggerebbe anche con il sistema di protezioni accordato dalle norme comunitarie in favore dei soggetti portatori di handicap, per i quali la Direttiva 78/2000/CE prevede la parità di trattamento in materia di occupazione, con particolare riferimento alle condizioni di licenziamento.

La sentenza n. 32158/18 della Corte di cassazione

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